Chiarire gli aspetti medico-legali e sedare i conflitti etici interdisciplinari connessi al rifiuto delle trasfusioni di sangue in Cardiochirurgia; un confronto tra le diverse esperienze italiane per ottimizzare la gestione delle procedure e ridurre al minimo la necessità di emoderivati.
È con questi obiettivi che è stato organizzato il congresso “Cardiochirurgia e fede religiosa, le ragioni dei Testimoni di Geova”, che si è svolto a Terni.
“Questo convegno vuole anche aumentare la sensibilità nei confronti di un problema – ha spiegato il responsabile scientifico Valentino Borghetti, direttore f.f. della struttura complessa di Cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera Santa Maria Terni – che non coinvolge solamente una comunità di chi rifiuta una certa parte di trattamento terapeutico ma che riguarda anche gli stessi operatori sanitari”.
Circa cinque ore di convegno per parlare di un argomento che ha coinvolto non solo professionisti umbri ma anche medici giunti da varie città d’Italia. Le complicanze relative alle trasfusioni di sangue in cardiochirurgia sono state sottolineate dalla comunità scientifica internazionale. Per questo motivo, negli ultimi anni, si è assistito ad un progressivo miglioramento tecnologico orientato alla riduzione delle perdite ematiche durante le procedure chirurgiche e all’impiego di tecniche alternative che limitino l’impiego di emoderivati. Questo atteggiamento consente di estendere le indicazioni all’intervento di cardiochirurgia anche a chi, per questioni di fede religiosa, come il Testimone di Geova, non accetta l’emotrasfusione. Peraltro, l’impossibilità di utilizzare in alcun modo sangue eterologo, come presidio terapeutico salvavita, pone chirurghi, anestesisti, personale tecnico ed infermieristico di fronte a questioni etiche di difficile soluzione. Viceversa, l’esclusione dei Testimoni di Geova dall’indicazione ad un intervento di cardiochirurgia potenzialmente risolutivo, basato sugli stessi principi morali, ha dei risvolti di carattere medico-legale per iniquità di trattamento terapeutico, aspetto inaccettabile in termini di tutela al diritto alla salute come principio universale.
“Siamo stati felici di accogliere questa importante iniziativa – ha affermato Daniele Bassetti, presidente del Comitato di assistenza sanitaria per i Testimoni di Geova dell’Umbria – volta all’informazione riguardo alla gestione clinica dei pazienti Testimoni di Geova e alla loro posizione nei confronti delle emotrasfusioni. Crediamo che un approccio collaborativo tra i Testimoni di Geova e la classe medica possa risultare proficuo anche all’interesse comune, visto che la classe medica è incoraggiata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle autorità governative a ridurre il più possibile le trasfusioni di sangue. Apprezziamo quindi l’impegno profuso da medici e medici-legali nel promuovere strategie alternative alle emotrasfusioni e, visti gli ottimi risultati ottenuti su più fronti in questo campo, ci auguriamo che le procedure discusse in questo convegno possano essere di beneficio non soltanto per i Testimoni di Geova ma anche per tutti i pazienti”.
Nel mondo sono 9 milioni i Testimoni di Geova in 200 paesi, che corrispondono allo 0,1 per cento della popolazione mondiale. Secondo la recente letteratura internazionale dal 2005 in poi sono stati più di 1.000 gli interventi di cardiochirurgia effettuati su Testimoni di Geova che hanno registrato una progressiva riduzione della mortalità grazie alle nuove tecniche e tecnologie in cardiochirurgia. Novità in essere anche all’ospedale di Terni.