Un’artista dalle mille sfumature, ma con una cifra stilistica inconfondibile. I lavori di Caterina Ciuffetelli, i tanti cicli, esprimono una ricerca estetica in cui gesto e colore rappresentano non solo l’atto creativo, ma anche una forte spinta espressiva.
“Con i pastelli ho voluto recuperare una presa di responsabilità, cioè volevo essere io a decidere il segno, dove farlo arrivare, dove premere”. E così sono nate opere delicatamente dinamiche, frutto di un’alchimia che unisce sapienza tecnica e dimensione poetica.
Su carta intelata, cioè carta sovrapposta alla tela, sono le composizioni elaborate con sintesi di linguaggio, ma vigore materico. I dettagli diventano protagonisti in un gioco sequenziale. Un lavoro di cucito seguendo una linea di fori, con un filo che Caterina stessa tinge a mano, oppure applicato, come nel caso del canapo da teatro che ha una presenza più consistente. Una scansione geometrica in sinergia tra luce ed ombra a formare un ordito vibrante.
Con la stessa carta l’artista realizza anche opere su alluminio. “La carta viene prima trattata da me con la tecnica del frottage dove io ‘rinvengo’ forme un pochino arcaiche”.
Il ciclo Asemic è un lavoro sul linguaggio che “richiama il segno, ma ma non lo è. Abbiamo la percezione di una scrittura, magari primordiale, preistorica, ma in realtà non c’è scritto nulla di comprensibile, neanche per l’artista. Queste opere inducono il nostro cervello a ricostruire qualcosa che sembra mancare, quindi stimola praticamente l’immaginazione a trovare un senso. E’ un rapporto molto dinamico con il fruitore, con chi guarda e trovo che questo sia uno degli aspetti democratici dell’arte contemporanea, cioè chi guarda è chiamato a finire o definire l’opera, quindi è un’opera aperta, tutta ancora da inventare”.
E’ molto interessante il discorso della democraticità dell’arte contemporanea.
“Lascia libero il fruitore di percepire quello che gli arriva e non è detto che quello che che lui percepisce sia quello che poi ha detto l’artista o ha creduto di dire o crede di aver voluto dire. Perché anche l’artista ha un residuo di mistero rispetto alla sua opera, quindi ognuno può avere la propria lettura e in questo è l’arte contemporanea e’ molto democratica. Ahimè, questa cosa non è troppo compresa anche perché ritengo che la libertà faccia un po’ paura. Infatti molti hanno proprio timore di avvicinarsi all’arte contemporanea, mentre le porte sarebbero spalancate, voglio dire si può goderne, per esempio, con un approccio basico però molto sano, semplicemente aprirsi, guardare e sentire, percepire quello che arriva. Sarebbe molto interessante se ognuno facesse questa piccolissima operazione: lasciarsi permeare”.