L’Umbria è una regione che invecchia sempre di più. Fra i tanti dati snocciolati dal segretario provinciale di Terni della Cgil Claudio Cipolla, nel corso di una conferenza stampa di inizio anno, quello che più impressiona è proprio quella sull’invecchiamento. Nella nostra regione ogni 100 under 15 ci sono 284 over 65 (la media nazionale è 193), “un dato preoccupante – ha affermato il segretario – e difronte a una popolazione che invecchia è evidente che ci sono bisogni e necessità nuovi per i quali servono politiche diverse”.
Dunque il primo problema è di natura socio-demografica, oltre all’invecchiamento della popolazione, infatti, assistiamo “allo spopolamento dell’Umbria con una diminuzione degli abitanti associata all’emigrazione dei giovani (circa 300/400 negli ultimi anni, in media, hanno lasciato per la lavoro la provincia di Terni, su una popolazione di circa 216 mila abitanti)”.
Il secondo problema è costituito dal mercato del lavoro. “Se da un lato – ha sottolineato il segretario della CGIL – c’è stata una timida ripresa dei livelli occupazionali ma le ore lavorate non sono aumentate, questo significa che c’è un lavoro più precario, più discontinuo e instabile. Gli occupati in provincia di Terni su circa 216 mila abitanti sono 85 mila (Il 39% della popolazione)”. I pensionati invece sono 66 mila (il 31% della popolazione). Il restante 30% della popolazione è inattivo ovverosia non lavora e non percepisce ancora la pensione “all’interno di questo – ha detto Cipolla – ci sono i disoccupati che cercano lavoro ma non lo trovano ma soprattutto ci sono i cosiddetti NET ossia coloro che non studiano, non lavorano e hanno smesso pure di cercarlo, rassegnati”.
Il terzo problema è relativo ai redditi “sia da lavoro che da pensione con un arretramento in Umbria del potere d’acquisto di salari e pensioni e a Terni il fenomeno è ancora più evidente. Il 54% dei pensionati della provincia vive con una pensione di 1.400 euro lordi mentre in 20 mila vivono con un assegno inferiore i mille euro mensili. Si rischia di essere poveri pur lavorando o percependo la pensione dopo una vita di lavoro”.
Da tutto ciò discende la “necessità di interventi di contrasto alla crescente povertà, che interessa ormai strutturalmente anche lavoratori e pensionati e fa crescere il numero di nuclei familiari sotto la soglia di povertà. Il lavoro, purché stabile e di qualità, è naturalmente il primo strumento ‘costituzionale’ da contrapporre a questo declino, ma accanto a questo c’è poi tutta la partita del welfare, a cominciare della sanità, rispetto alla quale il messaggio alla Regione è netto: invertire quanto fatto fino ad oggi, arrestare lo smantellamento del servizio pubblico, abbattere le liste d’attesa infinite e tagliare i finanziamenti al privato per investire nel pubblico, in personale, nel territorio, nella rete ospedaliera e nei servizi assistenziali.
Rimettere al centro politiche di sviluppo territoriale attraverso un nuovo e diverso protagonismo dei settori industriali, dentro le sfide della sostenibilità, ma anche rilanciando un terziario avanzato e di qualità affrontando in modo deciso il tema degli appalti spesso filiera dove registriamo arretramenti sia in termini di sicurezza ,di diritti e salariali. Occorrerebbe infine una incisiva contrattazione sociale che sia capace di rispondere alle nuove e tante fragilità che manifestano cittadine e cittadini nel nostro territorio”.
Per quanto riguarda la CGIL, però, il 2024 è stato anche un anno di numeri importanti: iscritti in crescita che superano la soglia dei 24 mila totali (con 1.780 nuovi nel 2024) e circa 48 mila pratiche di tutela individuale svolte nelle 37 sedi presenti sul territorio provinciale.