È un Natale di guerra in Palestina, senza luci e addobbi e senza quel clima di festa e di pace che caratterizza questa notte e questo giorno, unico, per chi crede (ma anche per chi non crede).
E l’ISTESS, l’istituto studi teologici e storico-sociali di Terni ha deciso di ambientare diversamente dal solito il suo presepe esposto presso il cenacolo san Marco. Lo ha ambientato in una zona di guerra. D’altra parte Gesù è nato lì dove oggi c’è la guerra. Gesù pertanto non nasce nella mangiatoia, no, nasce tra un cumulo di macerie in una capanna circondata, accerchiata da carri armati e soldati. Nasce alla presenza di Maria, san Giuseppe non c’è. Non ci sono i pastori, che sono stati uccisi, né i Re Magi, né la stella cometa.
L’impegno dell’Istess per la pace era già emerso forte durante l’ultima edizione del Terni Film Festival Popoli e Religioni con un chiaro messaggio di speranza inviato al mondo da Terni.
“Abbiamo rappresentato l’immane tragedia che si sta consumando in Palestina, a Gaza, a Betlemme, in Cisgiordania – afferma il direttore di Istess Arnaldo Casali – i pastori sono stati uccisi così come gli animali che giacciono sul terreno. Al loro posto ci sono i soldati e i carri armati che hanno sostituito i cammelli”.
“L’assenza di san Giuseppe – aggiunge Casali – sta a simboleggiare la divisione delle famiglie provocata dalla guerra. Il nostro presepe è in relazione con il primo presepe di san Francesco a Greccio che volle sottolineare il disagio in cui nasceva Gesù, le circostanze drammatiche, nella privazione e nella sofferenza in cui è venuto al mondo. Direi che è, come quello di san Francesco, essenziale”.
A Gaza, a Betlemme, il dramma è di uomini, donne, anziani e bambini, morti a decine di migliaia senza che il mondo potesse (o volesse) impedire questa tragedia. Niente alberi di Natale, niente luci, solo distruzione e morte. Il Natale è stato cancellato dalle bombe e dai missili.
“Abbiamo una rimozione del lutto in questo momento – aggiunge Casali – giriamo lo sguardo dalla tragedia che si sta consumando nelle terre dove nacque Gesù perché non deve distrarci dal clima di festa che stiamo vivendo. Ma il Natale è ben altro rispetto ai soli regali, al panettone, agli addobbi, alle luminarie, dovremmo riscoprirne il significato”.
“Ma a ben vedere – dice ancora Casali – un segno di speranza, a volerlo cercare, c’è ed è rappresentato dal fatto che la capanna dove nasce Gesù è rimasta in piedi. Come in piedi è ancora rimasta la fede di milioni di persone”.