Giorgio Ghiotti non ha ancora trent’anni ma è già un affermato poeta e scrittore, ha all’attivo oltre una decina di pubblicazioni, è stato candidato al Premio Strega per due volte ed è editor della casa editrice FVE. A Terni lo ha invitato l’associazione di promozione culturale Gutenberg per un incontro dal titolo ‘Maestoso e popolato è l’invisibile’ che si è tenuto alla Libreria Feltrinelli. “Ghiotti è un poeta autentico, è un poeta vero – evidenzia il poeta e critico letterario Simone Zafferani – ed è poeta sempre, anche quando scrive narrativa, anche quando affronta la poesia degli altri. Perché Giorgio è anche uno studioso, è un critico e porta questa sua qualità intrinseca di poeta in tutta la scrittura, in tutta la sua produzione. Questa è una cosa molto bella e molto rara, non ha a che fare soltanto con l’uso della parola, è proprio un modo di pensare, di percepire la poesia propria, la scrittura propria e quella degli altri in modo autentico, vero, sorgivo, cogliendone la verità, l’essenzialità. Questa è una cosa molto bella soprattutto in relazione alla sua giovane età perché non ha neanche 30 anni ed è già un vero e formato poeta.”
Ma che tipo di poeta è Giorgio Ghiotti? “Non lo so perché poi il più sorpreso, quando nascono le poesie, è sempre chi le ha scritte. Credo di essere un autore che ama gli altri poeti, che cerca di accordare la propria voce contro la pietra che sono le opere, i libri degli altri e credo anche che l’unico senso possibile da percorrere oggi, forse più che mai, sia proprio questo, appunto rapportarsi con una tradizione per cercare di inglobarla, di portarla avanti, di farla cantare ancora, perché è un canto quello della poesia che non ha tempo e attraversa tutti i tempi. Marina Cvetaeva diceva che la vera contemporaneità vuol dire la compresenza del meglio attraverso secoli e paesi, quindi una sorta di non azzeramento delle geografie, degli spazi e dei tempi, ma di compresenza, appunto, delle geografie, degli spazi e dei tempi. Mi piacerebbe essere un poeta che comprende le altre voci e cerca di testimoniarle attraverso la propria scrittura”. Lei come si è avvicinato alla poesia? “Mi sono avvicinato alla poesia contemporanea attraverso un libro, che amo molto, di Bianca Maria Frabotta che si intitola ‘Da mani mortali’. È stato il primo libro di una poeta vivente che ho preso in mano una mattina, saltando scuola per non fare matematica e l’ho letto. Me ne sono innamorato follemente e da allora ho scoperto che esistono anche i poeti che vivono, che non esiste la vita da poeta, ma poeti che vivono. E ho iniziato a scrivere poesie così come ho iniziato a scrivere anche narrativa. Non ricordo onestamente il momento di di origine della scrittura fra l’uno e l’altro genere perché si scrive con un cervello diverso la poesia o la prosa, però si attinge allo stesso catino linguisticamente. Questo è uno dei divertimenti più grandi quando ci si scontra e ci si incontra con la pagina scritta, il foglio bianco”. I giovani invece non sono molto avvezzi alla poesia, che cosa si sente di consigliare? “ Di leggere i veri poeti e per capire qual è un vero poeta di iniziare soprattutto dal Novecento visto che un canone esiste per il Novecento, non esiste ancora per la contemporaneità. Quindi di partire dai poeti già canonizzati del ‘900 e soprattutto da quei poeti – e ce ne sono – che mandano di pari passo la propria grandezza di ispirazione ad una semplicità invece anche di stile. Penso a Giorgio Caproni, a Vivian Lamarque, autori che si trovano anche facilmente in libreria perché l’altro problema per chi si vuole avvicinare alla poesia è trovarli sugli scaffali. Però autori di questo tipo già canonizzati, già importanti si trovano per fortuna. E se uno poi ne ha voglia può anche scrivere a questi poeti perché si può arrivare ad avere un dialogo onesto e sincero con quelli che poi magari potrebbero anche diventare dei maestri. Credo che oggi più che mai ci sia un bisogno disperato ancora di maestre e di maestri”. A lei scrive qualche poeta in erba? “Mi scrivono a volte dei poeti in erba e il più delle volte mi arrivano dei file illeggibili in cui non c’è neanche il germe della poesia, ma fra tutta questa valanga di materiale che mi arriva ogni tanto, raramente, ma con una grandissima felicità trovo qualche voce di vero poeta, anche se ancora immatura, anche se ancora da affinare, ma è sempre così ovviamente all’inizio di un percorso. C’è tutta nuova generazione, anche più giovane rispetto alla mia, che ancora dà nuova linfa alla poesia. Poi la poesia non si estingue, è un genere che di per sé forse è nato già in estinzione, però questa è la sua forza perché se già in piena estinzione non muore mai. Questo lo vediamo ancora oggi: la narrativa entra ciclicamente in crisi, il romanzo entra ciclicamente in crisi, la poesia è in stato di crisi e di allerta costante. Questa è la sua grandezza e questo fa anche sì che non scompaia mai del tutto dalle nostre vite”.