DI MICHELE ROSSI, CONSIGLIERE COMUNALE TERNI CIVICA
Tra i quartieri moderni di Terni, quello di Città Giardino è uno dei più caratteristici ed interessanti. Rappresenta certamente uno dei più omogenei contesti architettonici cittadini, essendo stato realizzato in un arco di tempo piuttosto ristretto, secondo uno stile armonioso che si inserisce nella grande corrente culturale del Liberty. Il progetto per la realizzazione di un nuovo quartiere, oltre il Fiume Nera, era stato inserito nel piano regolatore del 1918 elaborato dall’ufficio tecnico comunale di Di Vella. Il modello era quello delle città giardino, le garden city inglesi; si mirava a coniugare i benefici dell’ambiente agricolo con quelli di un contesto urbano. Era un modo per contrapporre un contesto di qualità e bassa densità da opporre al degrado ed al sovraffollamento dei nuovi quartieri industriali.
Alla realizzazione del nuovo quartiere ternano contribuì in maniera rilevante l’architetto Cesare Bazzani, autore anche di alcuni degli edifici più significativi. I lavori di edificazione cominciarono il 2 ottobre 1920 in base ad una convenzione tra il comune ed il proprietario dell’area, l’avvocato Pontecorvi. Il nuovo quartiere si imposta intorno ad un asse ordinatore rettilineo, l’attuale via Piave, pensato con un orientamento parallelo a Corso Tacito. Era stato pensato come zona di residenza per il ceto medio, con un tessuto edilizio costituito prevalentemente di edifici a due o tre piani, dotati di un piccolo spazio verde e progettati secondo i canoni eclettici. Marginalmente interessato dalle trasformazioni edilizie del dopoguerra il quartiere si presenta in gran parte nella sua veste architettonica originaria, ormai centralissimo nell’area urbana, rappresenta certamente uno dei quartieri più interessanti della città.
La presenza del contenitore culturale del CAOS e di un tessuto di piccole attività lo rende un quartiere dalle grandi potenzialità, purtroppo in gran parte inespresse ( il progetto di quartiere creativo non è mai decollato veramente!). Negli ultimi anni, tranne qualche significativa eccezione (il villaggio di Babbo Natale realizzato da residenti e commercianti in Piazza Adriatico) il quartiere ha fatto più notizia per episodi di degrado e di marginalità che per dinamicità e qualità della vita. Quindi sembra un ottima occasione il fatto che quest’anno ricorrano i 100 anni dall’avvio del cantiere di realizzazione del quartiere per dare nuovo lustro e recuperare una diversa qualità di quest’area. Un calendario di appuntamenti culturali per celebrare la ricorrenza con mostre fotografiche, passeggiate, concerti, spettacoli, street food e street dinner in una sorta di festa diffusa; sull’esempio di quanto è recentemente accaduto per un altro “garden city” quello romano della Garbatella, dove i festeggiamenti, anche in questo caso per il centenario dei lavori di edificazione, hanno coinvolto per alcuni giorni residenti e cittadini tutti.
Metto a disposizione questa mia idea e se necessario anche un impegno diretto perché il Comune provi a farsi promotore di una funzione di coordinamento tra le varie componenti del quartiere, le associazioni, la parrocchia, gli operatori economici, i laboratori artigianali (che qui sollecito!) che insistono nel quartiere per immaginare un calendario di eventi che festeggi il centenario e programmare insieme una serie di interventi e strategie per un recupero complessivo del quartiere e del senso di comunità che è alla base di ogni consorzio umano.