La pittura di Isabella Serafini è una narrazione misteriosa ed enigmatica, dove le figure sono poste in un’atmosfera atemporale. È l’armonica sospensione, oltre le immagini, a definire la composizione spaziale che si basa su una ritmica relazione di forme. La dimensione estetica di Isabella Serafini si esprime tra sogno e realtà che si fondono e si confondono nei confini fra mondo esteriore e mondo interiore. Sono immagini che posseggono un’identità originale, luoghi del sogno che si sublimano di suggestioni e si sostanziano di profonde valenze.
“Isabella Serafini è indubbiamente una pittrice vera – evidenzia il critico d’arte Paolo Cicchini – con un discorso estremamente coerente. Lei ci pone difronte ad un mondo che non è un mondo di surrealismo come potrebbe apparire quando ci propone delle immagini di figure che hanno subito una metamorfosi, è il caso della persona umana che si trasforma in figura oliva. Ma quello di Isabella è un mondo particolare, è il mondo di un sogno che diventa realtà, è un mondo sospeso, dove il tempo si è fermato. Ci sono passaggi reali, soprattutto della zona della campagna dei Todi, luoghi veri che sono percorsi ad esempio da figure alate, questa mediazione tra il cielo e la terra.
C’è un’esigenza in Isabella di sollevarsi verso la dimensione spirituale in assoluto. Ci sono dei quadri che raffigurano i cosiddetti ‘pesci volanti’, strani esseri che si sollevano dalla profondità dell’acqua, quindi dalla profondità dell’abisso e per un attimo si sollevano in alto verso la ricerca del cielo, dell’assoluto, poi tornano nell’abisso, ma si risollevano, risalgono e riprendono questo volo.
La pittura di Isabella è una pittura nella quale la spiritualità è il traguardo ricercato, ma il percorso da fare per arrivare a tanto è il percorso del sogno. Sogno che non è comunque qualcosa di fine a se stesso, ma sogno inteso come momento creativo alla Vishnu, sogno e creo. È il sogno che appartiene a tutta la nostra tradizione, anche alla tradizione occidentale, che fa capo a quello che è il concetto di Omero del cieco Omero che non ha bisogno di occhi per vedere, ma che dentro di se vede e crea. Questo è il mondo di Isabella”.
E Isabella vorrebbe che le sue opere inducessero alla riflessione, ma anche alla gioia.
“Non ci si dovrebbe fermare all’oggetto o alla figura che rappresento, ma riflettere su quello che c’è dietro a questa figura che ho voluto in qualche modo fermare nel tempo. Sono figure ferme che rimandano un po’ alla corrente alla quale io mi rivolgo, che da giovane mi ha molto affascinato, la corrente dei surrealisti.
Questo tipo di arte va a rompere un po’ gli schemi di quello che era precedentemente il modo di rappresentare, cioè rappresentare attraverso ciò che non viene esplicitato, ma ciò che rimanda anche all’onirico, al mondo dei sogni, all’inconscio.
Quindi le figure da me rappresentate, come il leone che è in una stanza e al di là di questa stanza c’è il mare, è qualcosa che che rimanda all’infinito, ha un senso di esplorazione. Così anche i pesci volanti sono una dimensione non reale, una dimensione che potrebbe essere onirica o comunque protendere a qualcosa di più elevato, magari alla ricerca del sé, a qualcosa di spirituale. Questi pesci io li rappresentano come i pesci Nemo, cioè rientrano nell’immaginario dell’infanzia. Poi ho creato, nel mio immaginario, due archetipi che sono l’uomo pomodoro e la donna oliva, due diciamo Adamo ed Eva che prendono varie sembianze. È un gioco che comunque rimanda anche questo a dei significati.
L’arte deve anche divertire, io vorrei suscitare curiosità, riflessione, ma anche gioia, benessere. Io voglio che di fronte all’arte si stia bene, sia un nutrimento.”