Biancamaria Frabotta è considerata una delle maestre della poesia italiana.
Docente di Letteratura Moderna e Contemporanea a La Sapienza di Roma, è stata autrice di quasi una ventina di libri di poesia, ma anche di saggi sulla letteratura e di atti unici per il teatro. Ha pure collaborato con giornali e riviste.
A cinque mesi dalla sua scomparsa l’associazione Gutenberg di Terni l’ha ricordata con il poeta Giorgio Ghiotti in un’’iniziativa intitolata “Ovunque noi siamo. Viaggio nella poesia di Biancamaria Frabotta”.
“Biancamaria Frabotta era una poeta che verrebbe oggi di definire civile, però ricordo che una volta le chiesi ‘esiste la poesia civile?’ e lei mi rispose ‘ma perché esiste una poesia incivile?’ Diciamo che è stata una cosa che ha sempre avuto molto, molto ben presente quello che andava scrivendo, il tempo nel quale si inseriva quella sua scrittura, la sua poesia e che ha sempre tentato di ascoltare attraverso la poesia gli altri, ciò che stava all’esterno, con un profondissimo senso di pietas per la natura, per le persone, per qualunque evento circostante.”
Qual è la sua eredità?
“La sua è un’eredità straordinaria, è un’eredità innanzitutto come docente perché è stata docente alla Sapienza di letteratura italiana contemporanea per moltissimi anni e quindi è un’eredità di docenza, di insegnamento. L’insegnamento più alto ovviamente – e questo lo diceva sempre anche ai suoi studenti – era quello della Libertà. Lei ricordava sempre ai ragazzi, dalla prima lezione, lei che era anche un’accademica oltre che una straordinaria poeta, diceva sempre ‘ricordatevi che i più grandi scrittori, poeti, intellettuali del ‘900 non sono andati all’università’. Quindi è un lascito di assoluta Libertà, la libertà di essere, anche di abitare le contraddizioni che mi sembra, tra l’altro, oggi siano il segno più evidente di questi tempi.”