Nelle oltre 300 richieste di ammortizzatori per la pandemia presentate nel settore metalmeccanico della provincia di Terni sono stati coinvolti 6.031 lavoratori per un totale di aziende che occupano 6.248 addetti, cioè il 93,25% del totale. Il 67,32% delle aziende si riferiscono all’industria grande e medio piccola, il 32,02% agli artigiani, mentre lo 0,79% alle cooperative. Le richieste si sono concentrate per il 69,96% per la CIGO (Cassa integrazione ordinaria) ex Covid, il 30,44% per l’FSBA (Fondi di Solidarietà Bilaterale per l’artigianato) e nessuna cassa integrazione in deroga.
Il dato, certamente allarmante, è emerso nel corso dell’assemblea generale della Fiom Cgil di Terni, che si è svolta ieri e ha approvato all’unanimità un documento nel quale si sottolinea il ruolo fondamentale svolto dalle Rsu, che, dove presenti (ma quasi il 50% delle aziende sono senza rappresentanza) si sono “battute per contrattare” e si sono “mobilitate laddove le pretese aziendali erano insopportabili e mettevano a rischio la salute dei lavoratori”. “Quella mobilitazione – sottolinea la Fiom Cgil di Terni – è stato un vero e proprio argine alla diffusione del virus in una delle regioni meno colpite nella prima fase della pandemia”.
Ma ora, la crisi economica che seguirà l’emergenza sanitaria sarà inevitabile – avverte la Fiom – e “forse più pesante di quella del 2008”, con alcuni effetti che “si sommeranno e moltiplicheranno”. Per il sindacato, dunque, la giusta rivendicazione che ha portato al blocco dei licenziamenti, fino al termine delle ulteriori 9 settimane di cassa integrazione, rischia – se non accompagnato da politiche e investimenti che rilanciano la buona occupazione – di “spostare semplicemente tra novembre e dicembre 2020 tutti i licenziamenti evitati oggi”.
Decisivo, secondo la Fiom, sarà l’atteggiamento delle multinazionali, a partire da AST. L’export umbro nel 2018 è stato pari a 4,2 miliardi di euro. Il peso diretto dell’AST è pari a 635 milioni di euro con un incremento del 17%. In base ad uno studio del 2016 la siderurgia pesa per il 37% a livello provinciale e per il 63,5% a livello comunale del Pil manifatturiero. A livello occupazionale relativamente al settore manifatturiero l’occupazione del settore (diretti ed indiretti) è pari al 23,6% a livello provinciale ed al 37,6% a livello comunale.
Altro fardello che il territorio ternano si porta dietro da prima dell’emergenza Coronavirus è, secondo la Fiom, l’alto tasso di irregolarità nel lavoro: nel secondo semestre 2019, l’Ispettorato territoriale del Lavoro di Terni-Rieti (sede di Terni) ha rilevato 409 casi di lavoro irregolare. L’8,3% di essi è riferito a situazioni di sommerso, con prevalenza nei settori dell’agricoltura e del terziario. Nel complesso dell’anno i casi risultano pari a 835.
Ma ora la pandemia ha “cambiato i connotati della crisi”,sottoline ail sindacato, e la stessa area di crisi complessa “deve essere aggiornata e rivista in funzione della nuova fase”. E’ necessario che il sistema “risponda alle tante aziende e ai relativi lavoratori che erano in crisi anche prima del Covid-19, così come c’è bisogno di migliorare i fattori localizzativi soprattutto una ottica ambientale e di qualità dell’aria”. Continua ad essere strategico “il completamento della piattaforma logistica”, per decongestionare il traffico di TIR tra Terni e Narni e consentire l’arrivo delle merci per portarle a destinazione, nell’ultimo miglio, con mezzi che impattino meno con l’ambiente.
“La Fiom-Cgil di Terni – conclude il documento – si sente impegnata, all’interno di questo quadro molto complicato, ad avviare la contrattazione inclusiva e a rappresentare i bisogni dei lavoratori in riferimento al contesto territoriale. Non saranno indifferenti gli scenari nazionali dove si auspica una soluzione a breve per il rinnovo dei contratti, che ci potrà essere solo se gli stessi, faranno recuperare il salario perso in questi anni. La FIOM-CGIL di Terni è pronta a sostenere anche con la mobilitazione le piattaforme rivendicative che ad oggi sono unitarie”.