C’è una svolta nelle indagini sull’omicidio di Barbara Corvi avvenuto alla fine del 2009. Nelle prime ore di questa mattina i Carabinieri di Terni, su disposizione del Procuratore Capo Alberto Liguori, hanno eseguito un ordine di carcerazione per omicidio a carico del marito Roberto Lo Giudice.
I dettagli verranno forniti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 12 nel comando di via Radice.
Aggiornamento
Le indagini sulla scomparsa di Barbara Corvi da Amelia, quando aveva 35 anni, furono archiviate ipotizzando un allontanamento volontario. A luglio 2020, però, un pentito di ‘ndrangheta di origine calabrese rilasciò dichiarazioni che portarono alla riapertura del caso. Nel settembre 2020 la procura di Terni ha indagato il marito Roberto Lo Giudice e il fratello di lui Maurizio. Le indagini – è stato spiegato – sono state riaperte a seguito di un’interlocuzione con altre attività giudiziarie antimafia e si sono svolte con il contributo di tre collaboratori di giustizia. Gli investigatori sono convinti che la matrice dell’omicidio non sia mafiosa, ma sarebbe nata da una mentalità mafiosa. Il movente del presunto omicidio di Barbara Corvi, ha evidenziato il Procuratore, non è solo legato ad una questione di gelosia, ma anche a motivi economici legati alle difficoltà dell’attività di ferramenta della coppia. Le indagini – è stato detto nel corso della conferenza stampa – hanno permesso di “smontare i depistaggi” di Lo Giudice per far credere che Barbara si fosse allontanata volontariamente. Innanzitutto l’allontanamento volontario e il prosciugamento dei conto correnti di Barbara per garantirsi la fuga; la manipolazione del pc di Barbara per accreditare intenti suicidari il giorno prima della scomparsa; il chiarimento in casa il 27 ottobre 2009 tra Barbara e il marito prima della scomparsa; le due cartoline spedite da Firenze il 5 ed il 6 novembre 2009 da Barbara ai figli; 5) le vere ragioni della presenza di Roberto a Reggio Calabria appena 18 giorni dopo la scomparsa della moglie. Si tratta di una prima lettura in chiave cautelare che, confortata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, ha fatto emergere un grave quadro indiziario all’indirizzo dell’indagato Roberto Lo Giudice, trapiantato da tempo in Amelia, ma originario di Reggio Calabria. In base agli atti raccolti, ha aggiunto il Procuratore Liguori, pur non appartenendo al clan mafioso di riferimento, nella vicenda sembra averne condiviso la mentalità: il tradimento deve essere lavato con il sangue. Del resto, 15 anni prima la cognata di Barbara Corvi, Angela Costantino, ha pagato con la vita il tradimento al marito. Il Procuratore Liguori ha poi spiegato che le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia hanno consentito un’altra lettura dei vari contributi istruttori raccolti sia prima dell’archiviazione dell’inchiesta sia soprattutto dopo la riapertura delle indagini.
“Prudenza e rispetto delle garanzie, tuttavia, consigliano di sottolineare che la fase in cui ci troviamo è quella cautelare, evidenzia il Procuratore, in attesa del primo vaglio che potrà eventualmente provenire dall’interrogatorio di garanzia che sarà svolto a beve e che in precedenza, nonostante l’invito esteso a Roberto Lo Giudice da libero nello scorso mese di giugno, questi, come suo diritto, non ha inteso offrire avvalendosi della facoltà di non rispondere. Un’inchiesta, condotta tra reticenze, depistaggi e comportamenti omertosi nella migliore tradizione criminale, di natura squisitamente indiziaria che attende serenamente i successivi segmenti di verifica endoprocedimentale previsti a tutela e garanzia dell’indagato, rammentando che il pubblico ministero è tenuto svolgere indagini innanzitutto in suo favore e che, al cospetto di idonea ed adeguata gravità indiziaria ed in assenza di fattiva collaborazione da parte dell’indagato, in presenza altresì di esigenze cautelari di concreto ed attuale pericolo di inquinamento probatorio e di elevata probabililtà della commissione di reati della stessa specie, non può che soddisfare con lo strumento massimo di compromissione della libertà personale quale è la custodia cautelare in carcere”.
Le accuse per Roberto Lo Giudice sono concorso in omicidio volontario aggravato e occultamento o soppressione di cadavere. Il concorso è con un fratello dell’uomo, Maurizio Lo Giudice, che è indagato.