Trovare soluzioni, un ragionevole accomodamento, no a soluzioni autoritarie.
E’ questo il “metodo mite” considerato dalla procura di Cassazione, rappresentata da Carmelo Sgroi, nell’udienza svolta dinanzi alle sezioni unite della Suprema Corte sul ricorso di un professore ternano, Franco Coppoli, che era stato sospeso dal ruolo per 30 giorni dopo che aveva fatto togliere dall’aula il Crocifisso nonostante il parere contrario dell’assemblea di classe. Decisione peraltro confermata dalla Corte di Appello di Perugia.
Il procuratore Generale Sgroi osserva che le norme del periodo fascista, sull’ obbligo del crocifisso alle pareti, non possono trovare applicazione nell’ Italia nata dalla Costituzione, e quindi su questi temi occorre avere riguardo al pluralismo delle posizioni senza prevaricazioni.
Senz’ altro, a suo avviso, l’ atto del preside è stato autoritario e non basato sulla legge. Ma il punto per cui il Procuratore chiede la riapertura del caso davanti alla Corte di Appello di Perugia – accogliendo dunque il ricorso della difesa rappresentata dagli avvocati Simonetta Crisci di Roma e Fabio Corvaja di Padova – è che occorre una “soluzione realmente condivisa, quale non è stata nel caso di specie”.
Con la possibilità da parte del professore – aggiunge Sgroi – “a considerare possibili collocazioni alternative spaziali” del crocifisso, e da parte degli studenti “a considerare di contro” anche “l’ ipotetica adeguatezza , in chiave di rispetto delle opinioni individuali, della operazione di spostamento/ricollocazione ” del simbolo religioso “in quanto considerata significativa o necessaria”.
Secondo il Pg Sgroi, “le possibilità solutorie concrete sono molte e non è necessario né forse possibile stilarne un catalogo astratto : ciò che occorre sottolineare, nel ‘ contesto’ , è che questo, del metodo, è segmento cruciale di concretizzazione della composizione di conflitti su diritti di pari dignità, una volta che non si voglia far prevalere (aut/aut) uno dei due poli della questione”. Questo ‘ metodo mite’ è quello che, per il Procuratore Generale , è “più in sintonia con la natura specifica dell’ istituzione scolastica, anzi con il suo essere una comunità prima che una istituzione”.
Questo il parere della Procura Generale, ora c’è l’attesa per la decisione delle Sezioni Unite della Cassazione che è stata presa e verrà resa pubblica nelle prossime settimane.