Ad agosto in Umbria più assunzioni di quelle che erano state previste, a conferma della tradizionale eccessiva prudenza degli operatori turistici sui flussi nella regione, ed effetti della denatalità che si fanno sentire sempre più, con la percentuale delle assunzioni considerate “di difficile reperimento” che sfonda il muro del 60% (secondo valore più alto a livello nazionale) e ciò avviene, nella grande maggioranza dei casi, perché non si trovano proprio candidati.
Sono le due principali chiavi di lettura del report della Camera di Commercio dell’Umbria, che ha elaborato i dati del Sistema Informatico Excelsior di agosto 2024, e quelli del trimestre agosto-ottobre, sulle assunzioni programmate dalle aziende. Va ricordato che il Sistema Informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, si basa su un ampio e continuo monitoraggio del sistema imprenditoriale, con 110mila le aziende coinvolte.
Due mesi fa le aziende turistiche della regione avevano affermato di non essere troppo ottimiste sulle assunzioni previste per il periodo estivo, tanto che, rispetto al 2023, si evidenziava un segno meno. Ma il presidente dell’Ente camerale, Giorgio Mencaroni, aveva avvertito che “la situazione alla prova dei fatti potrebbe risultare migliore perché potrebbe esserci, nelle previsioni delle imprese del turismo, un eccesso di prudenza. Teniamo anche presente che la campagna promozionale estiva della Regione Umbria, che nel passato ha avuto risultati lusinghieri, deve ancora manifestare tutti i suoi effetti”. E così è stato, perché ad agosto 2024 (mese in cui, insieme a luglio e in parte settembre, la differenza nell’occupazione la fanno le assunzioni nel turismo), le imprese affermano di avere bisogno di 4mila 310 avviamenti al lavoro, 290 in più di quelli dello stesso mese dell’anno precedente.
Un ottimismo che si estende al trimestre agosto-settembre, per il quale e imprese dell’Umbria hanno programmato 16mila 290 avviamenti al lavoro, 340 in più rispetto allo stesso trimestre 2023.
In realtà tra il bisogno delle imprese e la realtà delle cose ce ne corre. Le aziende umbre, infatti, ad agosto 2024 considerano “di difficile reperimento” il 62% delle assunzioni di cui hanno bisogno (secondo valore più alto a livello nazionale dopo quello della Valle D’Aosta, che segna 64,1%). Per la prima volta è stato sfondato il muro del 60% e ciò significa, in valori assoluti, che ben 2mila 672 avviamenti al lavoro su un totale di 4mila 310 presentano grosse difficoltà di copertura.
Non solo, ma di queste 2mila 672 assunzioni che non si riescono a coprire, in 1.823 casi è perché non si presentano proprio candidati. Nei rimanenti 849 casi la motivazione della difficoltà a reperire personale è l’inadeguata preparazione dei candidati.
“Le imprese – sostiene Mencaroni – In Umbriacontinuano a trovare con grande difficoltà i lavoratori che stanno cercando e questo problema, che ha anche a che fare con il tema della denatalità, ci sta costando molto anche in termini di Pil, come afferma anche il presidente di Unioncamere, Andrea Prete, Questa situazione è causata da un disallineamento tra percorsi formativi e bisogni del sistema produttivo. Per risolverla bisogna agire sulla formazione e l’informazione dei giovani, perché sappiano dove è più facile che verranno soddisfatte le loro giuste aspirazioni. Su questo, come sul superamento del gender gap, che vede le donne – in Umbria come in Italia – molto meno partecipi degli uomini al mondo del lavoro, con tassi di occupazione modesti rispetto agli altri grandi Paesi europei, la Camera di Commercio dell’Umbria è fortemente impegnata. Ma nel breve periodo uno sforzo importante di programmazione dei flussi migratori potrà certamente aiutare”.
Gli effetti della denatalità si stanno facendo sentire più nel mondo del lavoro umbro e italiano, aumentando in modo importante le difficoltà delle aziende a reperire il personale di cui hanno bisogno e frenando la crescita da vari lati, sia dell’offerta che della domanda. Basti pensare che, negli ultimi cinque anni, in Umbria nella fascia in età da lavoro (oggi fissata per l’Italia tra 16 e 65 anni), sono sparite 13mila 935 persone, con il vuoto che si è venuto a creare soprattutto nella fascia di età 20-45 anni, ossia il periodo più fecondo a livello lavorativo, dove sono sparite in cinque anni 22mila 862 persone. Il punto è che le coorti in uscita dalla fascia di età 20-45 sono molto di più di quelle in entrata in questa fascia. Stessa cosa avviene nella fascia 16-65 anni delle persone in età da lavoro, ma qui il problema è un po’ mitigato dall’aumento degli anziani che lavorano. Insomma, un bacino occupazionale sempre più ristretto e, allo stesso tempo, sempre più anziano.
Umbria. Le imprese non trovano personale. Non ci sono candidati per il 55,1% delle offerte di lavoro