Le ha invitate tutte al cinema Monicelli, le ha volute rivedere ancora una volta, le artigiane della maglia, della camiceria e degli accessori, tutte con mani abili, tutte narnesi, che riuscivano ad interpretare le sue visioni incredibili della moda. Ed oggi, 22 marzo, c’è stato l’incontro con madame Diane DeClercq, artista parigina, che proprio a Narni aveva allestito una sorta di “fabbrica diffusa”, che nessuno aveva mai compreso. Almeno trenta lavoranti, per anni, per decenni, ognuna a casa propria, erano pronte a dare vita alle sue creazioni. Insomma, una storia di quelle che fanno grande l’Italia. Ed anche, perché no, la Francia. Allora, un po’ di spiegazione: tutto parte da un incontro fortuito con la signora Negroni, donna romana della buona società che viveva per parte dell’anno a Narni, pronta a fare da collegamento, una quarantina di anni fa, con Diane. Prima una, poi due, quindi tre, e, senza farla tanto lunga, oltre trenta artigiane. Spiega Anna, una di loro: “Lei, madame Diane, ci mandava il disegno e poi la stoffa: noi costruivamo un prototipo, una camicetta per donna. Dopo la sua approvazione, iniziavamo la “produzione”, che veniva concordata”. Tante ore di lavoro, un compenso molto dignitoso, tutto in regola, tutto secondo le leggi. “Se oggi mi trovo bene nella pensione è grazie alla precisione di madame Diane. Gli facevamo avere le camicie previste, tutte nelle scatole, tutte perfettamente confezionate, pronte per la vendita”. Ma aveva anche “sezione”, la maglieria: ed era lo stesso percorso, un’idea, un prototipo, e via a lavorare. E poi cinte, foulard. Ancora oggi Diane DeClercq è molto impegnata: “Ho presentato il mio campionario in questi giorni” racconta. E una sua collaboratrice spiega che ormai c’è una produzione ridotta, cinque – sei lavoranti, che portano avanti il marchio, per mantenerlo al top.
L’incontro narnese è stato davvero emozionante, c’era anche il vicesindaco Alessia Quondam a fare gli onori: i baci e gli abbracci tra tutte le donne, che sono passate attraverso questa singolare esperienza si sono sprecati, come quando si ritrovano gli ex colleghi della fabbriche. Tutte avevano qualcosa da ricordare, tutte volevano star vicino a Diane. Poi un film per omaggiarla, un lungometraggio, diretto da un regista francese, Patrick Sandrin, che era presente a Narni, e che è riuscito a far vedere, il titolo già lo spiegava, “Sul Filo di Diane”, la bellezza e la capacità dell’artista e delle sue strette collaboratrici, che a modo loro hanno perpetrato lo spirito e la tradizione delle botteghe del Rinascimento Italiano, come ha ricordato il regista.