Sulla vicenda del Teatro Verdi interviene l’associazione culturale “Araba Fenice” che, da poco, ha concluso la stagione concertistica 2017/2018.
Bruno Galigani, in una nota diffusa alla stampa boccia l’idea di un Verdi all’italiana, “sarebbe una follia”, scrive e sottolinea come un progetto ci sia e sia stato approvato nel 2014. Da quello – secondo Araba Fenice – si dovrebbe ripartire.
IL COMUNICATO STAMPA
Come risolvere la riapertura del nostro Teatro Verdi è al momento un problema quasi insolubile. Sette anni di parole, discorsi, chiacchiere e pareri lanciati nel parterre politico e sociale cittadino, non hanno che aggiunto lungaggini ad una situazione che all’attualità non fornisce alcuna certezza sul come e sul quando il Verdi rivedrà le sue porte d’ingresso riaperte al pubblico.
L’Araba Fenice nonostante abbia, per solidarietà e per tenere sempre alta la guardia, firmato le varie petizioni che volevano sollecitare e stimolare la Giunta Comunale per dare una risposta definitiva, tiene a sottolineare quanto già espresso nei giorni scorsi da altre importanti Istituzioni Musicali cittadine, ribadendo che fare un Teatro all’Italiana seguendo un ipotetico progetto legato al Poletti è, non solo sbagliato, ma soprattutto impossibile, sia per i costi altissimi, che per la difficoltà logistica del Teatro posizionato in pieno centro cittadino. Impensabile demolire una struttura di quella grandezza sapendo cosa c’è intorno e come è complessa la vita reale, economica e commerciale di Terni con la relativa viabilità.
Non sappiamo dire se trasformare il Teatro Verdi in un teatro all’italiana sia o non sia un falso storico, ma sappiamo che è una vera follia, sapendo che un progetto definitivo per rifare il Teatro c’è: approvato con delibera (n.143) della Giunta Comunale il 28 aprile del 2014. Rifacimento della torre scenica e di un edificio piccolo e leggero al fianco posteriore del Teatro per camerini e servizi per gli artisti e il personale addetto. Miglioramento della staticità del Teatro per via degli eventi sismici, adeguamento dei posti in platea e galleria dagli attuali 1050 posti a 800. Miglioramento dell’acustica, vero nodo cruciale di qualsiasi Teatro con la “T” maiuscola.
Quel progetto fu anche appaltato per poi essere bloccato. Il motivo di quell’ annullamento ci lasciò letteralmente basiti, e a tutt’oggi ci sembra ancor più incomprensibile.
Siamo quindi d’accordo su un Teatro moderno in cui l’acustica sia privilegiata e ben curata e i cui costi siano fattibili e giustamente contenuti onde evitare di non portare al termine i lavori.
Crediamo che demolire tutta la struttura dell’attuale edificio, per rifare un Teatro all’Italiana, al di là del rischio, come già affermato, di una brutta copia di un qualcosa impossibile da riprodurre, significa guardare all’indietro. Ed è una cosa che a noi non piace. Crediamo invece che sia d’obbligo guardare in avanti e sviluppare tutti le immense possibilità che i materiali moderni e innovativi, in campo edilizio e acustico, ci possono consentire di riportare a nuova vita il nostro amato Teatro.
Sarà dovere della nuova Giunta Comunale farsi carico di tutto questo. Non buttando tutto all’ortiche. Ma ricominciando da quel progetto approvato i cui costi erano tutto sommato “sostenibili” e lavorando in maniera soda, molto soda, sull’elemento dell’acustica. Un Teatro con una cattiva acustica, non è un Teatro.
Se questo avverrà, a nostro parere, il nuovo Sindaco riuscirà a compiere una grande operazione culturale che ridarà nuova linfa vitale alla città, rendendoci tutti più orgogliosi e forti nello spirito. E forse riuscirà egli stesso a tagliare il nastro inaugurale, prima del secondo potenziale mandato.