Un mazzo di fiori e un paio di scarpe rosse in casa di Ornella Pinto, la donna di 40 anni uccisa venerdì sera dall’ex marito Giuseppe (Pinotto) Iacomino, a Napoli.
L’uxoricida si trova in carcere a Terni.
A portare i fiori e le scarpe rosse, simbolo della lotta delle donne contro i femminicidi, l’associazione Forti Guerriere e il presidente della III^ Municipalità di Napoli Ivo Poggiani.
Ornella Pinto è stata uccisa barbaramente con 12 coltellate. L’ex marito dopo averla uccisa è fuggito, ha vagato durante la notte e nella mattinata di sabato si è consegnato ai carabinieri di Montegabbione, in provincia di Terni. Alle 7 ha bussato alla porta della caserma e subito, al personale in servizio, ha confessato quello che aveva fatto.
Nel pomeriggio ha reso piena confessione in Procura a Terni, quindi è stato tradotto nel carcere di vocabolo sabbione.
“E’ stata una iniziativa nata d’ istinto – spiega Poggiani – con alcune delle ‘ Forti Guerriere’ per non creare assembramenti, e il parroco. Un po’ di cittadini quando ci hanno visto si sono aggregati. La settimana scorsa abbiamo commemorato Fortuna e ora di nuovo siamo qui, sapendo che non basterà qualche manifestazione per evitare questi episodi ma che è importante ricordare alle donne che non sono sole. Se hanno paura di andare dalle forze dell’ ordine perché magari non vogliono si sappia in famiglia o temono vendette dall’ uomo, ci sono le associazioni, i parroci, i centri antiviolenza che avviano una prima protezione.
Le ‘ forti guerriere’ hanno ribadito che nessuna si salva da sola, ma loro ci sono, come anche le forze dell’ ordine”.
Nel Rione Sanità domenica scorsa era stata infatti ricordata Fortuna Belisario, donna uccisa nel 2019 dal marito che dopo due anni di detenzione è stato mandato ai domiciliari”.
“Oggi è la domenica di Nicodemo, che va da Gesù di notte a cercare la luce. Ecco, questo devono fare le donne, denunciare, cercare la luce”. Questo ha suggerito in modo accorato don Enzo Mazzocchi, parroco al Rione Sanità.
“Ogni volta mi sembra impossibile che accadano ancora queste cose e solo con la denuncia se ne esce.
Noi abbiamo il dovere tutti di collaborare e affiancare chi è vittima di questa cultura maschilista. Io al catechismo vedo le mamme, nei colloqui a scuola le mamme. Forse i papà, anche quelli bravi e che rispettano la loro compagna, dovrebbero sentirsi più coinvolti, questo servirebbe a cambiare certe devianze della nostra cultura”.
Don Mazzocchi dice anche che nei colloqui, nelle confessioni, le donne raccontano sempre più spesso delle violenze che subiscono: “Ne abbiamo la sensazione netta dai colloqui privati. Noi napoletani siamo tolleranti ma con la pandemia siamo più stressati e certamente questo incide in diversi modi sulla vita di tutti noi. Io cerco di orientarle, di avvicinarle ai servizi sul territorio, di farle accompagnare dalle associazioni, di andare alla polizia. In parrocchia abbiamo anche incontri sulla genitorialità per parlare, aprirsi.
Parlo anche con gli uomini che a volte sono esasperati, vittime della società che poi sfogano le loro frustrazioni con la violenza. Ci sono papà che si vedono privati della casa, dei figli, devono avere dei requisiti per vedere i figli e alcuni non ci riescono perché vivono nelle auto. Devono capire il grave errore che significa la violenza e dobbiamo lavorare tutti sulla famiglia che è in crisi, è minata nelle sue basi, nei suoi valori civili e religiosi”.