Sta in buona compagnia ma è stata lo stesso inserita tra i “furbetti della cassa integrazione”. Stiamo parlando della multinazionale indiana Jindal , proprietaria della ex Treofan di Terni. La vicenda la conosciamo bene, ne abbiamo scritto innumerevoli volte. La trasmissione di Rai3 “Report” ha fatto una inchiesta su quelle aziende che, pur non avendo subito cali di fatturato durante la pandemia, hanno lo stesso fatto richiesta ed avuto accesso ai fondi della cassa integrazione covid.
Tra le aziende: 2i Rete Gas, Conad, Glovo e poi Jindal in qualità di proprietari della ex Treofan di Terni.
Nella vicenda della fabbrica di Terni fa scalpore il fatto che il materiale di cui sono fatti i pacchi della pasta, i blister dei farmaci e i pacchetti di sigarette non è servito di meno perché il mercato non ha subito contrazioni ma, nonostante questo, la fabbrica è deserta: perché la società è in liquidazione. Anche se la richiesta – come ha sottolineato anche la Procura di Terni – non è mai calata. Procura che è anche intervenuta.
“La Treofan – afferma il Procuratore della Repubblica di Terni Alberto Liguori – ha fatto domanda di accesso (alla cassa covid), ndr) adducendo, quale ragione, il calo della produttività e quindi abbiamo ritenuto che la realtà era diversa da quella che era stata rappresentata ragion per cui abbiamo sequestrato quella parte di contributi che lo Stato ha dato tramite l’INPS e abbiamo ritenuto che quello fosse il profitto di un reato.”
Treofan: sequestro preventivo per truffa aggravata per indebita percezione della cassa integrazione da Coronavirus
“Io ritengo – ha aggiunto il Procuratore Liguori – che siamo stati anche ingannati perché con l’espediente della cassa covid noi abbiamo gli operai che aiutano l’azienda a spostare le merci verso Brindisi per quasi 12 milioni di euro il che significa che stiamo smantellando e non te ne sei accorto”.
“Sarebbe un truffa bella e buona – chiosa da studio Sigfrido Ranucci – e avrebbero aggirato anche il blocco dei licenziamenti perché la legge prevede che puoi accedere ma devi mettere in liquidazione tutta l’azienda, tutto il gruppo, qui invece hanno tenuto in vita esclusivamente lo stabilimento che gli conveniva, quello di Brindisi e ora Jindal, nel suo progetto di decentramento, si è fatta aiutare dalla cassa integrazione, si è finanziata in parte con i soldi dello Stato e dice anche che questa scelta è dovuta al crollo dell’economia in Europa ma quando gli abbiamo chiesto di farci vedere i bilanci non ce li hanno fatti vedere. Tanto gli va sempre bene, ma chi li controlla?”