Una frode fiscale da sette milioni di euro posta in essere da sette società aventi sede a Terni operanti nel settore della produzione di articoli di abbigliamento, è stata smascherata dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Terni. Venti le persone, tutte cinesi, denunciate. È stata chiamata “Operazione muraglia cinese” per la difficoltà nell’individuare i soggetti, tutti cinesi, ma anche i loro beni. Il meccanismo messo in atto, infatti, è stato definito molto complicato. I particolari dell’operazione sono stati illustrati dal Procuratore Capo Alberto Liguori, dal Sostituto Procuratore Camilla Coraggio, dal comandante provinciale della Guardia di Finanza Massimiliano Giua, dal comandante del Nucleo di polizia tributaria di Terni Fabrizio Marchetti. La frode si realizzava attraverso la creazione di aziende “apri e chiudi” intestate a prestanomi che si alternavano negli stessi locali adibiti a laboratori e magazzini, con l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti emesse da altre imprese, sempre gestite da cinesi, con sedi in Toscana, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto è anche nella provincia di Perugia. Queste, dopo aver emesso i documenti fiscali, non presentavano le dichiarazioni dei redditi e nel giro di un paio d’anni facevano perdere le proprie tracce. I Finanzieri, però, sono entrati nell’Agenzia delle Entrate e verificato la mancanza delle dichiarazioni dei redditi, scovando, così, gli evasori seriali. La Procura della Repubblica ha coordinato le indagini che hanno portato alla denuncia di dieci cinesi, facenti parti dello stesso nucleo familiare, per utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed altrettanti per emissione di fatture per documenti inesistenti. Su richiesta della Procura il GIP Federico Bona Galvagno ha disposto il sequestro preventivo di beni finalizzato alla confisca “per equivalente” per un importo di oltre 2.100.000 euro. Beni che vanno da conti correnti bancari ad appartamenti, un immobile nella zona industriale ternana, oltre 90 sofisticati macchinari per la produzione di articoli di abbigliamento e tre auto di lusso. Il sequestro preventivo di beni finalizzato alla confisca “per equivalente”, è stato detto, consente di aggredire i beni di cui il contribuente abbia la disponibilità, diretta o mediata, per un valore corrispondente all’imposta evasa, nei casi in cui non si possa procedere alla confisca dei beni che costituiscono il diretto profitto del reato tributario.
“Siamo interessati ad aggredire i patrimoni degli evasori fiscali, ha detto il Procuratore Capo Alberto Liguori, per restituire alle casse dello Stato illeciti guadagni”. Il Procuratore ha poi fornito i dati riguardanti il 2016 in merito alla lotta all’evasione fiscale: quasi 18 milioni di euro scoperti ed 8 milioni sequestrati “per equivalente”. Quest’anno sono 8 i milioni di euro evasi scoperti ed altrettanti sequestrati “per equivalente”.
Infine il Procuratore Liguori ha invitato i cittadini a rispettare le regole del mercato acquistando da commercianti che operano nel rispetto della legalità perché “lo Stato siamo tutti”.














