“Confermo che lo stabile già adibito a Filiale di Terni è compreso nel patrimonio immobiliare che la banca d’Italia ha determinato di dismettere, in quanto non più utilizzato a fini istituzionali a seguito della riorganizzazione avviata nel biennio 2008/2009. Soggiungo che quella riorganizzazione che ha determinato una riduzione stabile dei costi di funzionamento dell’istituto è stata seguita da un secondo riassetto che entro la fine del 2018 renderà inutilizzati ulteriori 19 immobili”.
Lo scrive Gian Luca Trequattrini, , capo servizio segreteria particolare del direttorio e comunicazione, di Banca d’Italia ad Andrea Liberati e Thomas De Luca, rispettivamente capigruppo del Movimento 5 Stelle alla Regione Umbria e al Comune di Terni.
“Sebbene la vendita sia stata adeguatamente pubblicizzata – precisa Trequattrini – e lo stabile dell’ex filiale di Terni si stato offerto al mercato attraverso due procedure pubbliche , non sono pervenute concrete offerte di acquisto, anche se si tratta di un immobile di riconosciuto pregio e di valore storico e artistico. Non risulta alcuna richiesta per la locazione, che pure poteva costituire un’utile alternativa”.
Liberati e De Luca avevano inviato una lettera al governatore della Banca d’Italia in cui si chiedeva conto della situazione del palazzo di Piazza Tacito.
“Da quasi due lustri l’immobile che ospitava la sede della Banca d’Italia a Terni è vuoto: uno stato di cose tutt’altro che felice, specialmente anche considerando l’attuale mortificante condizione della piazza ove è collocato. Trattandosi di un edificio di interesse culturale posto in una zona centrale della città, tale situazione vilipende la morale estetica, oltre a sollevare questioni di natura economica e finanziaria: pare davvero paradossale che un’istituzione di rango quale la Banca d’Italia non riesca nemmeno a metterlo parzialmente a reddito”. Nel testo, indirizzato al governatore della Banca d’Italia, si sottolineava ancora che “l’edificio di Piazza Tacito è l’unica filiale che Banca d’Italia ha chiuso, un decennio fa, in Umbria. Oltre al danno economico, cagionato con la chiusura della locale filiale e il trasferimento di dipendenti e famiglie, con un ovvio incremento dei costi per i servizi in loco, la città di Terni sta sopportando altre conseguenze derivanti dall’assenza di qualsiasi attività attorno a tale prestigioso immobile. Considerata la natura totalmente pubblica delle risorse all’epoca destinate alla costituzione dei beni di Banca d’Italia, che appunto conserva il carattere di Istituto di diritto pubblico, con la presente si rinnova pertanto formale richiesta per un intervento risolutivo. Già tre anni fa la locazione rientrava nel novero delle alternative oggetto di valutazione, ma non si ebbero poi notizie al riguardo. Né se ne hanno su ipotetici acquirenti”.
Nella risposta, la Banca d’Italia evidenzia che “la difficoltà a collocare l’immobile è riconducibile a diversi fattori, quali l’andamento del mercato immobiliare locale , le caratteristiche dello stabile nonché le cautele che la Banca d’Italia adotta per gestire il suo patrimonio immobiliare nel pubblico interesse. Nell’attività di dismissione si valutano infatti con particolare favore soluzioni che possano contribuire allo sviluppo economico e sociale e alla riqualificazione dei centri storici.
Riguardo allo stabile di Terni – segnala Trequattrini – di recente un’istituzione locale ha manifestato disponibilità all’acquisto per realizzare un progetto di rilievo culturale e di interesse per la città. Sono in corso approfondimenti tecnici ed economici.