A farci del male da soli, ad autodenigrarci, a darci le bastonate siamo bravissimi. Forse non ci supera nessuno. Ne troviamo conferma nell’esito shock di uno studio che la Uil di Terni ha commissionato alla MINOTAURO, “Crisi e cambiamento, il futuro per le nuove generazioni a Terni”, che è stato presentato ieri pomeriggio, nella sede, affollatissima, della UIL e in cui sono intervenuti oltre il padrone di casa, Gino Venturi, segretario provinciale, anche una delle ricercatrici che ha realizzato il report, Katia Provantini e il professor Luca Diotallevi.
Cosa pensano i ternani, dunque, di loro stessi? pensano che siano “chiusi mentalmente e dalla ristrettezza di vedute” . Le cause vanno addebitate alla diffusione della “monocultura operaia” che “si riverbera nella mancanza di raffinatezza dei cittadini che vengono descritti e si percepiscono come rozzi, bifolchi e buzzurri. Il ternano , fondamentalmente, è grezzo, non si è mai elevato al di sopra di quella che è la cultura operaia; il ternano parla in maniera gutturale , non ha sviluppato la capacità di formulare giudizi estetici basati sul sentimento del bello e connessi a ideali di libertà e creatività”.
Non vi fa rabbia essere descritti così? Tanto più che a esprimere questi giudizi non sono i tanto “odiati” cugini di Perugia, dai quali dovremmo imparare tanto (ho l’impressione) ma sono nostri concittadini, adulti e giovani. Come si fa ad avere un così basso e sprezzante giudizio di sé stessi. Come si fa a criminalizzare una intera classe operaia che ha fatto grande questa città. Mio padre era operaio, io non lo sono mai stato ma non mi sono mai considerato un figlio di serie B né ho mai pensato che mio padre fosse una persona rozza. Non lo era, come non lo erano i suoi amici, operai anche loro. L’equazione operaio-bifolco è quanto di più razzista si possa immaginare. Stupisce che questi concetti facciano breccia nei giovani d’oggi e , sembra, non solo in loro, anche in parte degli adulti.
E’ vergognoso che ci siano ternani che pensano questo di altri ternani. E’ un giudizio inaccettabile che squalifica, questo sì, chi lo pronuncia.
Il report della MINOTAURO sottolinea che “l’autodenigrazione dei ternani si collega ad una insoddisfazione di fondo derivante da una scarsa autostima che porta a criticare tutto ciò che riguarda la realtà ternana e contestualmente a pensare che non ci siano soluzioni allo stato di cose vigente. I ternani hanno un atteggiamento mentale malinconico legato alla insoddisfazione che porta a criticare e a pensare che non c’è niente da fare. I ternani, quindi, si lamentano di tutto , si piangono addosso”.
Talmente pessimisti da non immaginare(i giovani) un futuro in questa città per la quale si prevede “il declino, lo svuotamento,il regresso”. Addirittura, secondo gli intervistati, “l’ipotesi che appare più probabile è che Terni si ridimensioni trasformandosi da città in paese. In particolare viene immaginata come paese dormitorio-satellite di Roma”.
Dichiarato tutto ciò risulta scontato che sia gli adulti che i ragazzi intervistati vedano un futuro fuori dalla città di Terni per le generazioni più giovani. Le opportunità a Terni sono poche e per realizzarsi è necessario spingersi altrove.
Con qualche differenziazione. Indagando fra gli studenti, infatti, è emerso che i LICEALI “sono i più ottimisti, non hanno perso la speranza e intravedono, magari non nell’immediato e non senza fatica, una possibilità di miglioramento rispetto alle condizioni esistenti. Sono disponibili a investire energie all’interno della città e non escludono di restarvi per creare delle opportunità di realizzazione professionale e personale”.
Con gli studenti dell’ITIS torniamo ai giudizi totalmente negativi. Secondo loro, Terni ” è una città spenta, dismessa, in disuso, piena di cantieri, dove non c’è niente da fare, in cui non ci sono gli spazi per i giovani né un luogo di ritrovo dove trascorrere il tempo. L’immagine è quella di una città in coma.” Nessuno di loro immagina un futuro all’interno della grande industria e la maggior parte si vede costretta a lasciare la città per cercare nuove opportunità fuori da Terni. In questa visione fatalista del proprio futuro è ovvio (scontato) che la colpa è addebitata ” a chi detiene un ruolo di potere che non sembra in qualche modo contrastabile”.
Se possibile, ancora più catastrofico è il pensiero degli studenti del Centro di Formazione Professionale che “si percepiscono come gli scarti della società” e la visione che hanno di Terni è quella di “una città soffocante e asfissiante, in cui vivere è pesante”. I genitori di questi ragazzi sono i primi che spingono ad andarsene e gli insegnanti sono visti come qualcuno che blocca le prospettive e smorza gli entusiasmi.L’esito è che “la quasi totalità degli intervistati non intravede alcuna possibilità di cambiamento neanche futuro per la città e pensano che la loro salvezza sia quella di andarsene”.
“Vogliamo contrastare questo atteggiamento assolutamente rinunciatario rispetto al futuro”, afferma Gino Venturi, “noi, come UIL, siamo pronti a fare la nostra parte, insieme agli altri, a cominciare dai tanti giovani disposti a lottare per il loro futuro e quello della nostra città”.
“Diventare adulti in un mondo percepito senza più futuro e con le risorse ormai esaurite, è impresa ardua che toglie motivazione e passione, che rende tutto apparentemente inutile e noioso, superfluo e vuoto – sostengono le curatrici dell’indagine, Provantini, Cavallini e Ricci – la privazione di futuro rende le nuove generazioni perdenti in partenza”.