L’Umbria sta cercando di tenere il passo con il resto d’Italia in termini di reddito familiare. Ma i numeri raccontano una storia di crescita insufficiente, con un divario che si allarga rispetto alle regioni del Nord. Secondo un’analisi dettagliata del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne e Unioncamere, basata sui dati 2023 del reddito disponibile delle famiglie, l’Umbria ha registrato un aumento dell’11,3% tra il 2021 e il 2023, in linea con la media nazionale. Tuttavia, questa crescita non basta a colmare il gap con le regioni settentrionali, dove il reddito pro-capite è significativamente più alto e la crescita più robusta.
Mentre il Nord Italia avanza a ritmi sostenuti, con province come Milano e Bolzano che dominano la classifica, l’Umbria fatica a competere. La provincia di Perugia, con un reddito pro-capite di 22.204 euro nel 2023, si posiziona al 38° posto nazionale, mantenendo una posizione stabile rispetto al 2021. Terni, invece, scivola al 96° posto, con un reddito pro-capite di 19.957 euro, uno dei più bassi d’Italia. Il confronto con Milano, che svetta in cima alla classifica con 34.885 euro pro-capite, è impietoso: il reddito delle famiglie milanesi è quasi il doppio di quello delle famiglie ternane.
La crescita del reddito in Umbria è trainata principalmente dal reddito da lavoro dipendente, che rappresenta la principale fonte di entrate per le famiglie. Tra il 2021 e il 2023, il reddito da lavoro dipendente è aumentato del 10,8% in Umbria, un dato inferiore rispetto alla media nazionale dell’11,8% e ben al di sotto delle performance del Mezzogiorno, dove alcune province hanno registrato incrementi superiori al 14%. Tuttavia, l’aumento del reddito non è stato sufficiente a compensare la perdita di potere d’acquisto causata dall’inflazione, cresciuta del 14,2% nello stesso periodo. Questo significa che, nonostante i numeri in crescita, molte famiglie umbre si trovano ad affrontare una realtà in cui il costo della vita aumenta più velocemente delle loro entrate.
Perugia: stabilità, ma non abbastanza
La provincia di Perugia, con un reddito disponibile pro-capite di 22.204 euro nel 2023, si colloca al 38° posto nella classifica nazionale, mantenendo una posizione stabile rispetto al 2021. Il reddito complessivo delle famiglie perugine è passato da 12,66 miliardi di euro nel 2021 a 14,17 miliardi nel 2023, con un incremento dell’11,9%. Tuttavia, il reddito pro-capite resta inferiore rispetto a quello di molte province del Nord, come Milano (34.885 euro) e Bolzano (31.160 euro). Perugia non riesce a competere con le aree più dinamiche del Paese, dove il reddito cresce a ritmi più sostenuti e il potere d’acquisto delle famiglie è significativamente più alto.
Terni: una provincia in difficoltà
Terni, invece, si posiziona al 96° posto nella classifica nazionale, con un reddito pro-capite di 19.957 euro nel 2023, in calo rispetto al 2021. Il reddito complessivo delle famiglie ternane è passato da 3,95 miliardi di euro nel 2021 a 4,32 miliardi nel 2023, con un incremento del 9,3%, uno dei più bassi a livello nazionale. Questo dato riflette le difficoltà economiche della provincia, che fatica a tenere il passo con le altre aree del Paese. Terni, un tempo cuore industriale dell’Umbria, oggi si trova ad affrontare una realtà in cui la crescita economica è lenta e il reddito delle famiglie rimane tra i più bassi d’Italia.
Il confronto con il Nord: un divario che si allarga
L’Umbria, nonostante la crescita, resta indietro rispetto alle regioni del Nord, dove il reddito disponibile pro-capite è mediamente più alto. Ad esempio, in Lombardia il reddito pro-capite nel 2023 è di 27.243 euro, mentre in Veneto è di 24.103 euro. Anche nel confronto con alcune regioni del Mezzogiorno l’Umbria mostra una performance inferiore: in Sicilia, ad esempio, il reddito pro-capite è cresciuto del 12,5%, raggiungendo i 16.907 euro nel 2023. Questo significa che, mentre una parte del Mezzogiorno sta recuperando terreno, l’Umbria rischia di rimanere intrappolata in una situazione di stagnazione relativa.
Il ruolo dei trasferimenti pubblici
Uno dei fattori che contribuiscono a ridurre il divario tra Nord e Sud è rappresentato dai trasferimenti pubblici, che nel Mezzogiorno incidono per il 40% sul reddito disponibile delle famiglie, rispetto al 35% della media nazionale. Tuttavia, in Umbria, l’impatto di questi trasferimenti è meno significativo, contribuendo a mantenere il reddito disponibile su livelli più bassi rispetto alle regioni settentrionali. Questo significa che, senza un intervento mirato, il divario tra Nord e Centro Italia è destinato ad aumentare ulteriormente.
Una sfida per il futuro
L’Umbria, nonostante una crescita del reddito disponibile in linea con la media nazionale, continua a scontare un ritardo rispetto alle regioni del Nord, con un divario che rimane significativo. Le province di Perugia e Terni, pur registrando miglioramenti, faticano a competere con le aree più dinamiche del Paese, come Milano e Bolzano. Secondo l’analisi del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne e Unioncamere, per ridurre il gap sarà necessario puntare su politiche economiche che favoriscano la crescita del reddito da lavoro e migliorino la competitività del territorio. Senza un intervento deciso, l’Umbria rischia di rimanere indietro, mentre il Nord continua a correre più veloce.