Nel dibattito cittadino che si è riacceso su come dovrà essere il Teatro Verdi, ristrutturato, si inserisce l’intervento dell’architetto Danilo Sergio Pirro, che pubblichiamo.
“Negli anni ’30 gli intellettuali dibatterono dalle pagine delle riviste dell’epoca sul rapporto fra architettura moderna e tradizione artistica italiana.
Le punte più avanzate che guardavano ai progressi della nuova architettura moderna erano rappresentati dagli architetti razionalisti, affiancati da intellettuali, critici d’arte tra cui Massimo Bontempelli e Pietro Maria Bardi.
Fra i razionalisti c’era anche il “nostro” Mario Ridolfi che aderì al Movimento d’Architettura Razionale e partecipò alla famosa mostra “antiaccademica” nella galleria Bardi di Via Veneto (II Mostra d’architettura Razionale del 1931) .
Lo “scontro” fra “tradizionalisti” e “modernisti” si risolse solo nel 1934, quando Mussolini invitando a Palazzo Venezia gli architetti realizzatori di Sabaudia e della Stazione di Firenze, dichiarò che la “nuova architettura” era l’architettura dello Stato Italiano.
Le opere create dai razionalisti italiano sono fra i più bei esempi d’architettura nel mondo. Terni risentì di questo “spirito nuovo” e molte opere di “stile razionale” sono tutt’ora superstiti tra cui la fontana di Piazza Tacito.
La “città dinamica” riuscì ad integrare il “vecchio con il nuovo”, la “tradizione e l’innovazione”, e questo spirito è rimasto vivo fino agli anni ’70, grazie alla presenza di maestri come Ridolfi, Frankl, De Carlo, e a molti artisti locali.
Ridolfi non ha mai esitato ad inserirsi nel tessuto storico con opere moderne, ma anche rispettose della tradizione architettonica italiana, quella dell’edilizia minore, un po’ come suggeriva Giuseppe Pagano.
Gli interventi di alcuni maestri dell’architettura del ‘900 sono stati tanti e tali nella città di Terni che fanno parte oramai del suo “genius loci”. L’ultimo grande progetto del gruppo Ridolfi prevedeva l’ampliamento moderno di Palazzo Spada (c.d. uovo di Ridolfi), opera che non ha mai “scandalizzato nessuno”, perché intervento “di qualità” e consono allo spirito della città.
Pensare oggi con “visione ideologica” che non sia possibile dare al Teatro Verdi di Terni un volto moderno integrato con l’antico è fuori dal tempo e dalla storia.
Non potendo ricostruire il Teatro Verdi con le tecniche costruttive originarie, che sarebbe l’unico modo per rispettare “l’idea vitruviana di architettura”, cosa che non è stata fatta a Rimini dove “archi posticci” coprono strutture in cemento armato, l’alternativa è solo di “modernizzare l’antico”.
Esistono in Europa decine di interventi moderni su edifici storici, quella più famoso è la cupola del Bundestag di Norman Foster, ma esiste anche un teatro….
Si tratta del teatro dell’opera di Lione ristrutturato dall’architetto francese Jean Nouvel. Il teatro è diventato subito un polo d’attrazione del turismo, dimostrando che la Francia dai tempi delle grandi opere parigine per il bicentenario della rivoluzione francese, tra cui la c.d.” piramide del Louvre”, è rivolta sempre verso la modernità .
Scriveva Pietro Maria Bardi nel 1931 a proposito dei “detrattori” della nuova Casa del Fascio di Como di Terragni posta in pieno centro storico:
«La nuova architettura non “deturpa le zone” di Berlino, di Parigi, di Anversa, di Ginevra; il paesaggio dell’Europa moderna non è stato cancellato, per esempio, da Hoste, da Lurcat, da Stam o da Sartoris. Perfino la Spagna della “Puerta del Sol” o dell’”Alhambra” ha costruzioni moderne di Marcadala: era dunque inevitabile che la “commissione di ornato” della città di Como avesse un altro “criterio”, e che il Municipio nominasse una commissione per difendere la bellezza di “quel ramo del lago di Como” sul quale l’architetto Terragni aveva innalzato, invece di un castello di don Rodrigo, una bella casa moderna. Coppedè è morto, ma sopravvive lo spirito.»
Non vorrei che oggi si sostituisse Coppedè con Poletti dai nuovi “lazzari dell’architettura”.