Applausi scroscianti, standing ovation. Visto dalla fine, il film, è commovente, ti stringe il cuore vedere tutti quei consiglieri comunali di Terni della maggioranza a salutare così il loro sindaco alla fine della consiliatura. Uno pensa: dev’essere stato tanto amato e ammirato. Am-mirato senz’altro. In ogni modo, in un afflato di romanità alle Idi di marzo hanno ritenuto di rinverdire la tradizione e dare a Cesare quel che è di Cesare: pugnalate alle spalle.
Leonardo Latini è caduto dal banchetto: ci fosse uno che si rivolge a lui chiamandolo “Lallo”, al contrario di cinque anni fa quando tutti volevano far vedere che era amico loro.
Ha fatto male il sindaco di Terni? Per questo adesso lo giubilano? Beh, diciamo che ci si aspettava un po’ tutti qualcosa in più, ma non è stato un giudizio di merito a far decidere il suo schieramento, quello di destra, che Leonardo Latini doveva andarsene a casa. No. La questione la riferiscono in termini politici: bisognava ubbidire e mantenere gli equilibri politici. Al contrario, non è manco da prendere in considerazione il pronunciamento compiuto cinque anni fa dagli elettori e ribadito – guarda un po’ – tre giorni prima del “giubileo” in un sondaggio avventato, commissionato dai Cinquestelle e che assegna a “Lallo” il 38% delle simpatie, contro l’11% di colui che la destra ha indicato a scalzarlo dalla sedia, ossia quell’Orlando Masselli che nella giunta Latini ha coperto l’incarico di assessore al bilancio (e il dissesto ancora c’è e pesa sui bilanci delle famiglie).
In sostanza: gli elettori ternani non contano niente; cinque anni di svezzamento nell’incarico di sindaco di una città come Terni (incarico non semplice lo sappiano tutti) non conta niente; che la città in questi cinque anni non sia cambiata quasi per niente se non in peggio, non conta niente. Quel che conta è che Lega e Fratelli d’Italia quando vanno davanti al bilancino possano mettere in pari i due piattini.
Conta in sostanza il colore della camicia di quell’individuo seduto con le spalle al caminetto nella sala nobile di Palazzo Spada, sede del consiglio comunale: “Complimenti! Credevo che la mia camicia fosse nera, finché non ho visto la sua…” diceva più o meno uno slogan pubblicitario anni fa. Perché uno dei due adesso porta la camicia verde della Lega, l’altro quella blu (scuro) dei F.lli d’Italia, ma sotto sotto entrambi indossano, a pelle, la camicia del cuore.
Le periferie dimenticate? Il traffico impazzito? L’economia che langue nonostante i flussi turistici da record dovuti soprattutto al fatto che si parla di numeri risibili e alla “manna” del Covid? Il futuro dei giovani che non c’è? La formazione e la cultura all’acqua di rose? il lavoro che non si trova? La sicurezza che non nasce dalle telecamere? Niente, non contano niente questi problemi. Equilibrio ci vuole, ma anche, alla base di tutto, un progetto per il futuro di una comunità che non si vede nemmeno abbozzato. C’è davvero da sperare che i ternani siano tutti nati con la camicia!