La Terza commissione consiliare ha ascoltato il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, Stefano Anastasia, in ordine all’attività svolta nel periodo giugno 2016 – dicembre 2017. Il Garante si è presentato all’incontro con i consiglieri regionali fornendo anche dati più aggiornati rispetto alla relazione che, per legge, deve sottoporre all’esame dell’Assemblea legislativa.
Si è così appreso che a far data 31 marzo 2019 nelle carceri umbre si trovano 1434 detenuti, a fronte dei 1329 posti regolamentari, quindi 105 oltre la capienza stabilita.
La presenza di stranieri nelle carceri della regione ammonta al 40,8%, a fronte del dato nazionale del 34%. Nel carcere perugino di Capanne, questa percentuale sale addirittura al 68% di presenze di non italiani. Sopra la media nazionale anche la presenza di condannati definitivi che è pari al 77%. L’Umbria ha la massima concentrazione a livello nazionale di detenzioni lunghe e il più alto numero di 41 bis sul territorio italiano. Inoltre il 16% dei detenuti sconta pene da 0 a 1 anno, un dato che, nella riflessione del Garante, dovrebbe spingere a optare per misure alternative al carcere onde evitare il sovraffollamento.
Le principali criticità riscontrate dal Garante sono: la crescita della demografia penitenziaria abbinata alla scarsità delle risorse pubbliche disponibili; condizioni di vita e di salute dei detenuti contrassegnate dalla difficoltà di accedere alle visite specialistiche e agli esami diagnostici; la riorganizzazione delle articolazioni periferiche del ministero della Giustizia, che ha portato a un unico provveditorato fra Umbria e Toscana, con molti trasferimenti nelle carceri umbre di detenuti che hanno generato problemi di gestione psichiatrica o disciplinare negli istituti di prima assegnazione (con violazione del principio di territorializzazione della pena, ha sottolineato il Garante).
“La scelta di non attivare residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza nel territorio regionale e di demandare a una convenzione con la Regione Toscana l’ospitalità nelle strutture di quella regione delle persone internate per incapacità di intendere e di volere al momento del fatto, unita ai ritardi di quella Regione ad attivare le Rems di competenza – ha detto il Garante – hanno prodotto notevoli disagi, fino al caso limite dell’internamento nel Spdc (Servizio psichiatrico di diagnosi e cura) dell’ospedale di Perugia per circa un anno di un giovane in attesa di esecuzione della misura di sicurezza”.
I detenuti lamentano inoltre la mancanza di attività di trattamento e di reinserimento, della possibilità di iscriversi a corsi di formazione e di svolgere attività lavorativa. Manca anche un adeguato sostegno alle iniziative culturali (artistiche, teatrali, cinematografiche, di scrittura creativa) che sono realizzate all’interno delle carceri quasi esclusivamente su base volontaria, in alcuni casi con riconoscimenti pubblici che vanno al di là del territorio regionale, come nel caso delle produzioni teatrali della Compagnia “Sine Nomine”, attiva presso il carcere di Spoleto e stabilmente inserita nella programmazione del Festival dei Due Mondi.
Infine, “le risorse di cui dispone il Garante – ha sottolineato Anastasia – sono inadeguate: una sola postazione d’ufficio non presidiata e una collaborazione volontaria. Non c’è nessuno a rispondere al telefono. La convenzione sottoscritta dalla presidente della Regione con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Perugia ha consentito al Garante di avvalersi per un anno delle competenze maturate nell’ambito della Clinica legale penitenziaria attivata in quella sede, ma è scaduta il 31 marzo scorso”.