È morto Diego Armando Maradona. Il decesso sarebbe dovuto ad un arresto cardiorespiratorio mentre si trovava nella casa di Tigres dopo essere stato dimesso dalla clinica dov’era stato operato al cervello. Sul posto, dopo che l’ex fuoriclasse si è sentito male in casa, sono accorse alla fine nove ambulanze, ma ogni tentativo di rianimarlo è stato inutile. Secondo quanto riporta Tyc Sports Maradona è morto alle 13.02 (ora argentina). Choc a Napoli per la notizia, alla quale molti ancora stentano a credere, che è rimbalzata sui telefonini. In pieno centro, in piazza Municipio una sola voce: “Era il più grande di tutti”. Anche a Fuorigrotta, là dove si trova il San Paolo, suo tempio calcistico, ci sta chi si commuove. Subito i ricordi per le sue straordinarie giocate. E una donna, “questo 2020 è veramente l’anno peggiore”.
Il governo argentino ha decretato tre giorni di lutto nazionale per la morte di Diego Armando Maradona.
Tanti gli attestati di cordoglio da tutto il mondo.
Maradona appena un mese fa aveva festeggiato i suoi 60 anni. Ha trascinato l’Argentina alla conquista del Mondiale dell’ 86, ha regalato sogni e scudetti a Napoli, ha rivaleggiato con Pele’ per il titolo di più grande di sempre. Mito e simbolo, è stato anche leader popolare, icona di creatività e ribellione. Un concentrato di sport e umanità, sospeso fra debolezze umane e colpi di classe. Da capopopolo ha unito intere generazioni e spaccato nazioni come quando, alla vigilia della semifinale dei Mondiali del 1990 fra Italia e Argentina, che si sarebbe giocata nel suo San Paolo puntò il dito contro un Paese intero, che “si ricordava di Napoli solo quando c’era da sostenere la Nazionale azzurra”.
Approdò a 21 anni nel Barcellona e dopo avere subito un gravissimo infortunio nella Liga, venne acquistato dal Napoli. La società partenopea organizzò un ‘saluto’ al pubblico il 5 luglio 1984 e fu amore a prima vista. Quel giorno, allo stadio San Paolo a Fuorigrotta, 60 mila tifosi pagarono 3 mila lire a testa per veder palleggiare il ‘ Pibe’. Maradona avrebbe poi regalato al Napoli una Supercoppa italiana, due scudetti, una Coppa Uefa, ricambiando con prodezze stilistiche l’amore di una città che tutt’ora si tramanda da padre in figlio, in una sorta di rituale e virtuale contemporaneità. La sua parabola calcistica si concluse ingloriosamente, con una positività al doping nei Mondiali di Usa ‘ 94. Diego accusò la Fifa e puntò il dito contro il nemico di sempre, l’allora presidente Sepp Blatter, reo a suo dire di averlo indotto a rimettersi in carreggiata e poi di averlo tradito. Il suo declino era cominciato in realtà nel 1991, appena un anno dopo il secondo scudetto di Napoli, quando era stato arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti.
La sua esistenza era spesso rimasta in bilico a causa delle dipendenze. Come quando fu sospeso fra la vita e la morte la sera del 4 gennaio 2000 per una “crisi di cocaina”, come ammise Jorge Romero, il medico che lo salvò.