Maurita Passaquieti è un Account executive e marketing manager
-In breve proposte per lo sviluppo della Regione Umbria in tutte le sue peculiarità territoriali
-L’Umbria conosce, dal punto di vista economico, un lento ma – pare – inarrestabile declino da circa 20 anni, ormai. Tale declino è continuato negli ultimi anni, con i dati che smentiscono le ottimistiche narrazioni del Governo regionale attuale. Al tempo stesso sono ulteriormente aumentate le difficoltà segnalate dalle aziende nel reperimento di manodopera, che appaiono anche più accentuate che nel resto del Paese e riconducibili principalmente al numero della popolazione e alla poca attrattività in termini di trasporti e servizi dei nostri territori. Un approfondimento particolare va fatto per l’area di Terni, che gioca un ruolo chiave in quanto ha conosciuto il primo vero sviluppo industriale della regione, con la presenza di grandi insediamenti che, però, non hanno mai dato luogo ad un indotto consistente e ad una strategia di sviluppo economico, strutturata. La mancanza di visione, di sviluppo di idee innovative, di apertura verso l’internazionalità, la carenza di iniziative ed in-coming industriale che proponga agli imprenditori e alle imprese di investire nel nostro territorio, la mancanza di filiere specializzate e di cluster di alta tecnologia, ha portato l’economia Umbra ad una situazione di stallo. Questo stallo ha privato e priva i nostri giovani di opportunità, ha limitato il nostro tessuto imprenditoriale, ha soffocato la creatività delle nostre comunità, e non sopperisce agli sbocchi lavorativi previsti dai percorsi universitari e scolastici, presenti nella regione. Tale contraddizione – laureati umbri che se ne vanno fuori regione o all’estero e imprese umbre che lamentano di non trovare manodopera, in particolare qualificata – richiede analisi attente, sia in direzione di possibili disallineamenti tra le competenze possedute e le esigenze delle imprese, sia riguardo alla adeguatezza dei trattamenti economici offerti. Negli ultimi anni, abbiamo visto il mondo cambiare a una velocità incredibile. Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il modo in cui viviamo, lavoriamo, e interagiamo. Eppure, in Umbria siamo rimasti indietro, anzi perdiamo terreno con le altre regioni dove poi i nostri giovani emigrano. Ad esempio le startup in Umbria rappresentano solo 1,6% del totale in Italia, non volendosi confrontare con Milano o Roma che viaggiano al 25% , pensiamo però che a regione Marche ha più del 50% di imprese innovative, inoltre nelle Marche hanno spazi di cowork diffusi e numerosi hub di accelerazione certificati dal MISE di cui uno ufficiale di CDP, mentre in Umbria ce n’è solo uno a Terni. Il confronto è impietoso. Sarà cruciale per noi, creare un ecosistema che faciliti la nascita e la crescita di nuove imprese, stilare un venture builder partendo dall’analisi del mercato e strutturato con un fondo regionale dedicato che aiuti le start-up ad accedere alle risorse di cui hanno bisogno ed ad accompagnarle nello sviluppo. Uno degli aspetti fondamentali secondo noi per far crescere il nostro tessuto imprenditoriale è favorire il networking tra le aziende locali. La nostra Regione deve diventare un vero e proprio polo di collaborazione, dove le imprese condividono competenze e progetti, rafforzando il tessuto industriale locale, facendo squadra su progetti innovativi e internazionali. La Regione deve fungere da ponte tra le imprese e i mercati italiani ed esteri, offrendo accesso a nuovi investitori e partner, deve immaginare programmi di scambio con Hub di accelerazione nazionali di CDP e internazionali e collaborazioni con università e aziende di tutto il mondo. In Umbria, nel quarto trimestre del 2023 il numero delle imprese attive iscritte nei registri camerali è ancora in diminuzione, soprattutto con riferimento ai settori del commercio, dell’agricoltura e della manifattura. Questo tema dovrà essere al centro delle politiche economiche con approcci più efficaci ed innovativi rispetto a quanto fin qui realizzato nell’ambito dell’Area di crisi complessa. Questa tendenza va assolutamente invertita e solo uscendo dai nostri confini possiamo crescere e competere nel mondo. Questo metodo secondo noi va applicato ad ogni settore operativo e centro di produzione, dall’industria fino all’artigianato, dall’agricoltura al turismo.
Cosa fare
Partendo, quindi, dalla costatazione del perdurante basso livello di capacità innovativa del sistema produttivo regionale, carente in particolare con riferimento alle piccole e piccolissime imprese, occorre:
- Continuare il sostegno agli investimenti ed all’acquisizione di tecnologie innovative;
- Riproporre uno strumento analogo ai Progetti complessi della programmazione europea;
- Valutare la costituzione di uno o più Centri di Competenza, per spingere le imprese;
- Rivedere le modalità di progettazione architetturale e co-design dei servizi pubblici e di pubblica utilità, per puntare ad un insieme “smart cities/smart region” su scala regionale.
- Avviare una riflessione attenta su alcuni comparti del terziario e del commercio che hanno dimostrato strutturalmente resilienza analoga ad alcune imprese manifatture innovative.
- Occorre superare l’approccio teso a concentrare in un unico soggetto le attività di Gepafin e Sviluppumbria completando la specializzazione di funzioni a suo tempo individuata dal Consiglio Regionale concentrando in Gepafin le attività di natura finanziaria ed orientando definitamente in modo concreto Sviluppumbria nella direzione di Agenzia per lo sviluppo, previa dimostrazione dell’effettivo valore aggiunto derivante dallo svolgimento di determinate funzioni in capo a Sviluppumbria rispetto alle strutture regionali.
2) Una ricetta per rivitalizzare i centri cittadini nell’ottica di città dinamiche
-La pandemia COVID e la crisi ambientale sollevano la questione di una trasformazione radicale delle città per favorire l’inclusione, la sostenibilità, la partecipazione e la qualità della vita. L’influenza della configurazione dell’ambiente urbano e dell’organizzazione delle funzioni urbane sulle pratiche individuali e sociali nel contesto della crisi ambientale e dello scenario post-pandemico, sottolinea la necessità di migliorare l’accesso ai servizi urbani essenziali. La qualità ambientale delle aree urbanizzate, ridurre la dipendenza dall’automobile, incoraggiare la mobilità attiva, e lo sviluppo di spazi pubblici multifunzionali e inclusivi, emergono come obiettivi centrali. La popolazione dell’Umbria è in costante diminuzione e in progressivo invecchiamento, questo comporta la ricerca di un nuovo equilibrio con tutto il territorio, dalle città dove è concentrata la maggior parte della popolazione fino alle aree interne a grave rischio spopolamento. Noi dobbiamo riuscire ad invertire la fase di de-urbanizzazione dei nostri centri storici che hanno un saldo negativo della popolazione urbana e un peggioramento delle condizioni ambientali e di qualità della vita, con una nuova fase di re-urbanizzazione, attraverso l’incremento delle attività del terziario, dell’alta tecnologia, dei servizi concreti per i cittadini e le famiglie. Noi siamo una Regione che può essere paragonata ad una città diffusa, con vaste aree che si muovono verso alcuni centri nevralgici per lavoro, studio o svago. La riqualificazione dei trasporti e dei collegamenti tra i centri storici e le aree periferiche esistenti, garantirebbe l’interconnessione tra i centri originari e le periferie e offrirebbe benefici agli abitanti dell’Umbria, ma anche ai suoi turisti. Dagli anni ’70 del Novecento la Regione Umbria ha promosso politiche per recupero del patrimonio edilizio pubblico all’interno dei centri storici sia attraverso interventi diretti che con strumenti innovativi come i Piani di recupero, Programmi di riqualificazione urbana, Contratti di quartiere che hanno consentito di arrestare il degrado degli immobili e riqualificare i contesti urbani in cui erano inseriti. Questo processo deve essere implementato ed ampliato con i nuovi obiettivi dell’efficienza energetica, per consentire la riduzione delle emissioni in atmosfera, insieme al recupero sociale; si ritiene quindi opportuno che ci sia una quota di edilizia residenziale sociale negli interventi di rigenerazione urbana, in sintonia con l’obiettivo, ormai acquisito nella pianificazione locale, di voler dare vita ad insediamenti misti anche dal punto di vista sociale.
Dalla ri-costruzione alla ri-abitazione
La riparazione dei danni del sisma 2016 non è in grado di assicurare il recupero ed incremento della popolazione residente che può avvenire attraverso misure come quelle approvate dal PNC (Fondo complementare del PNRR) che hanno assegnato notevoli risorse ai comuni del cratere (Valnerina e Spoleto). Questo programma che interessa sia gli enti pubblici che i privati può contribuire ad attivare processi in grado di assicurare la ri-abitazione degli immobili recuperati. E’ però opportuno rilanciare, insieme agli interventi diretti, un’azione di programmazione prevista dalla Regione, già nel 2018, con il “Masterplan” della Valnerina che non ha trovato l’esito auspicato con la Giunta Tesei che non ha promosso nessuna azione al riguardo. Per favorire le scelte per il rilancio della Valnerina e dell’Umbria la Regione deve ripromuovere il “Masterplan”.
Un nuovo disegno strategico territoriale
Partendo dalla prima esperienza di Disegno Strategico Territoriale DST, l’Umbria con la L.R. 1/2015 ha ripensato al Programma Strategico Territoriale (PST) come strumento di riferimento per l’integrazione di temi e competenze degli Enti e per la costruzione delle scelte di sviluppo sostenibile dei territori. Questo strumento può rappresentare la cornice programmatica e strategica deputata alla definizione delle azioni in materia di reti infrastrutturali ed ecologiche, di prevenzione dai rischi territoriali, di diffusione del sistema di energie rinnovabili, e di azioni per lo sviluppo locale per le Aree interne. In questo quadro il Piano Paesaggistico Regionale deve assicurare la coerenza tra le azioni per lo sviluppo e la compatibilità paesaggistica delle azioni.
3) Piano regionale non autosufficienza: perché l’Umbria continua a negare l’assegno di cura/sollievo per le famiglie di disabili
-La destra nei cinque anni di governo regionale ha di fatto svuotato la programmazione sociale regionale e di zona, destrutturato, smantellato il sistema integrato dei servizi e degli interventi sociali costruito in Umbria con tanta passione e il coinvolgimento ampio di operatori e operatrici sociali, cooperazione e associazionismo sociali, studiosi e studiose, persone, dagli anni ‘70 ai 2000. La destra ha sostituito i bonus economici e la monetizzazione delle prestazioni all’approccio globale alla persona volto ad assicurare inclusione e valorizzazione sotto la garanzia di servizi pubblici e reti sociali. Ha lasciato così sole le famiglie e le persone fragili a districarsi nelle scelte, favorendo un mercato privato di per sé non sempre garanzia di servizi appropriati per la persona.
Per noi gli strumenti chiave
– Il Welfare di accesso
Il Welfare d’accesso (o welfare leggero, già previsto dalla L.328/2000 art. 22, c.4) è un livello essenziale di assistenza in quanto connesso all’esercizio dei diritti di cittadinanza e primo contatto con la rete organizzata delle prestazioni sociali.
– la presa in carico individuale
Il progetto individualizzato di inclusione sociale costituisce lo strumento per sostenere le persone a rischio o in condizione di esclusione, dalla vulnerabilità allo svantaggio conclamato (causati da disagio sociale o mentale, povertà materiale o educativa, disabilità, violenza).
– Il Welfare di comunità
Un territorio è costituito dalla complessità delle “reti comunitarie” che lo abitano (famiglia, vicinato, volontariato), dal ruolo svolto dalle “comunità educative” (scuole, associazioni, spazi e attori della produzione culturale) e dalla capacità delle aziende di produrre capitale sociale. La costruzione del welfare comunitario va intesa come lavoro incessante di produzione di connessioni, nuove forme di comunicazione, reti e relazioni, in capo ai servizi sociali nella loro funzione di animazione territoriale.
– Il budget di salute
Il Budget di Salute (BdS) è uno strumento fondamentale per attuare le politiche che intendiamo realizzare. è un importante anello di collegamento tra sistemi.
“Rappresenta l’unità di misura delle risorse economiche, professionali e umane, necessarie per innescare un processo volto a ridare alla persona un funzionamento sociale accettabile, alla cui produzione partecipano il paziente stesso, la sua famiglia e la sua comunità.
Se la sua applicazione passa nell’immediato per la piena attuazione del Decreto legislativo 62/2024 sulla disabilità, il Budget di salute o meglio Budget di progetto deve essere assunto come modello di lavoro per gli interventi per tutte le persone fragili/vulnerabili.
A questo noi Civici Umbri, rispondiamo con il “prenderci cura”, abbattendo i muri con la bellezza che le persone possono sprigionare, con le loro differenze, la loro originalità e creatività, con le persone che si conoscono e si riconoscono, facendo fiorire umanità.