La Fillea Cgil di Terni è contro la vendita del patrimonio abitativo pubblico come ventilato dall’Ater con la vendita di 50 alloggi popolari e propende per altre soluzioni.
“A fronte del perdurare della crisi dell’edilizia nella provincia di Terni, dove dal 2009 ad oggi gli addetti del settore sono diminuiti di oltre il 50%, si legge in una nota, la possibilità di poter ristrutturare le case popolari può costituire un’opportunità occupazionale interessante, magari costruendo una sinergia tra più attori attraverso modalità di azione come la procedura negoziata, nella speranza di favorire la permanenza del lavoro nel territorio. Con le aste delle 50 case popolari andate tutte deserte – prosegue la Fillea – i prezzi sono verosimilmente destinati a scendere, con il rischio che l’intera faccenda si trasformi in un’operazione di speculazione grazie alla quale soggetti in grado di acquistare un alloggio e dunque non bisognosi di tutela abitativa, possono accaparrarsi appartamenti a prezzi vantaggiosi privando l’ente di risorse preziose per l’attività di manutenzione edilizia, ordinaria e straordinaria”.
“La Cgil, fin dal 2013 con il Piano del Lavoro, ha disegnato un percorso non solo per rilanciare un settore trainante come quello edile, sostiene Cristiano Costanzi segretario generale degli edili Cgil di Terni, ma anche per restituire alle nostre città spazi di coesione. C’è bisogno di azioni con attori pubblici che intervengono esercitando una funzione di indirizzo, conclude, non di un’ulteriore dismissione di patrimonio pubblico relegando al mercato la decisione su quale debba essere la città che vivremo”.
Intanto il Sunia Cgil sottolinea, in una propria nota, come a Terni “gli alloggi pubblici da assegnare mediante graduatoria sono circa 100, con i quali si riuscirebbe a coprire circa il 30% delle domande per l’assegnazione di una casa popolare, mentre per le situazioni di emergenza abitativa non ci sono alloggi riservati, nonostante la legge regionale preveda proprio che una parte del parco alloggi pubblici disponibili debba essere riservato per far fronte a tali situazioni”.
“La decisione dell’Ater Umbria di vendere 50 alloggi popolari invece di destinarli a scopi socialmente sensibili, coerenti con il motivo per il quale esiste l’Ater – sostiene Romolo Bartolucci, segretario del Sunia – risulta incomprensibile. La ragione istitutiva di un ente come l’Ater – continua – è quella di rispondere alle esigenze abitative delle fasce sociali più in difficoltà, non di trasformarsi in un’agenzia immobiliare che dismette alloggi per motivi puramente “gestionali” e non economici come lo stesso presidente dell’ente Almadori ha dichiarato. Al posto di venderli al mercato – prosegue Bartolucci – quegli alloggi potrebbero essere messi a disposizione e utilizzati per affrontare il problema delle emergenze abitative”.