L’Umbria è la quinta regione per rincari in Italia, una regione per cui l’Unione Consumatori stima un aumento della spesa annua di 2.756 euro con una crescita dei prezzi del 12,2 per cento e con Perugia che si colloca sopra la media con 12,5 per cento; secondo l’ultimo report della Cgia di Mestre le cosiddette spese obbligate determinano il 60 per cento degli acquisti e sono quelle della casa, benzina e cibo e come altri in Italia, molti che ne avevano la possibilità, hanno attinto ai risparmi di una vita per far fronte a tutti gli aumenti intervenuti
Ma – spiega Sergio Giardinieri, responsabile ufficio studi Fipac regionale – l’Umbria ha altri due motivi di preoccupazione: il primo, il nuovo monitoraggio della Fondazione Gimbe sottolinea che al 12 gennaio 2023 il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 10,1% in area medica, oscillando dallo 0 della Valle D’Aosta al 30,8% dell’Umbria, mentre in area critica si va dallo 0 della Valle D’Aosta al 7,9 dell’Umbria; il secondo che uno studio della Cgia di Mestre, con riferimento al 1 gennaio 2022, evidenzia che nella città dell’acciaio sono state pagate 106 mila pensioni rispetto a 84 mila stipendi mentre a Perugia le pensioni sono 295 mila contro 271 mila stipendi. I due capoluoghi umbri seguono la tendenza nazionale dove il numero delle pensioni erogate ha superato quello dei lavoratori autonomi e dei dipendenti per 205 mila unità. Una delle motivazioni principali di questa situazione va ricercata nel calo demografico che dal 1993, con l’eccezione del 2004 e 2006, ha caratterizzato il saldo naturale del Paese, mentre il tasso di fecondità totale dal 1977 è sceso sotto il 2, concorrendo a ridurre la popolazione in età lavorativa e ad aumentare l’incidenza degli over 65 sulla popolazione complessiva. Le previsioni sul futuro demografico restituiscono un potenziale quadro di crisi: 58 milioni nel 2030, 54,1 milioni nel 2050, 47,6 milioni nel 2070 con la popolazione in età lavorativa che scenderà al 53,3% del totale e dove, nel 2040, saranno oltre dieci milioni le persone destinate a vivere da sole, la gran parte donne. Per non parlare della situazione degli ultra settantacinquenni, una realtà di 6,9 milioni di cui 2,7 milioni presentano gravi difficoltà, per la mancanza di supporto sociale, del bisogno di sostegno, delle sfavorevoli condizioni abitative e delle difficili condizioni economiche, come certifica l’Istat nel rapporto su “Gli anziani e la loro domanda sociale e sanitaria”. Dal punto di vista economico, l’adeguamento delle pensioni con il 7,3 per cento, di cui il 2% già percepito da novembre scorso, e che vale solo per chi non supera 2.102,52 euro di assegno mensile, non copre che una parte dell’inflazione registrata pari all’11,6 per cento. E i pensionati che superano quella cifra, nelle altre fasce stabilite, prenderanno un adeguamento ancora più inferiore con una mancata copertura che si porteranno per sempre nel tempo.
Se una delle proposte fatte dalla Fipac, aumentare la detrazione dei costi delle collaboratrici domestiche, è oggi all’esame dell’Esecutivo che prevede un bonus ancorato all’Isee familiare volto a coprire parte del costo complessivo del lavoro domestico sostenuto, ci auguriamo che anche la Regione Umbria esamini la proposta della Fipac di introdurre una fascia di esenzione reddituale dalla applicazione dell’addizionale regionale. Parliamo di 126.214 contribuenti che si trovano nella fascia reddituale 0 – 15.000 euro che oggi pagano l’1,23 per cento di imposta addizionale e che potrebbero essere esentati in tutto o in parte. D’altro canto, il decreto legislativo 6 maggio 2011 numero 68 nelle previsioni dell’articolo 6 recita: “A decorrere dall’anno 2012 ciascuna regione a Statuto ordinario può, con propria legge, aumentare o diminuire l’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di base. La predetta aliquota di base è pari a 1,23…”
Secondo le stime del Codacons, nel 2023 gli italiani rischiano una stangata di oltre 2.400 euro a famiglia; e questo, a causa dei rincari di prezzi e tariffe e senza tener conto delle bollette energetiche, luce e gas.
E’ un aumento generalizzato: da quelle relative ai trasporti e all’auto con gli aumenti di benzina e gasolio, di autostrade (dal casello di Orte a quello di Roma Nord la spesa sale a 4,60 euro), di assicurazione auto, con valori maggiori di coloro che hanno causato per colpa un incidente e che sono 15.500 in Umbria, a quelle relative alla casa come le rate dei mutui, sia quelli variabili anche già stipulati e quelli nuovi a tasso fisso, le spese bancarie di tenuta conto anche per i conti correnti on line, l’inflazione che si mangia una parte di valore reale sui depositi che per gli umbri significa oltre 1 miliardo e 150 milioni di euro di minor potere d’acquisto, l’adeguamento dei canoni di locazione per l’8,7 per cento che riguarda oltre 70 mila nuclei familiari, soprattutto giovani coppie, il maggior costo dei collaboratori familiari le cui retribuzioni aumentano del 9.2 per cento e del 100 per cento per indennità di vitto e alloggio e che in Umbria significa un incremento retribuito per 19.951 lavoratori domestici, oltre al maggior costo dei contributi. Per non parlare del cibo e delle bevande analcoliche.