Gli italiani , o almeno buona parte di loro, sembrano aver accolto di buon grado il lasciapassare sanitario, il certificato verde che apre le porte dei ristoranti , dello stadio, della palestra o della piscina o del cinema o del museo. Dalla entrata in vigore del Green Pass , in solo 3 giorni, ne sono stati scaricati ben 20 milioni di copie.
Il ministro dell’interno, il prefetto Luciana Lamorgese, ha tenuto a precisare che i ristoratori “non potranno chiedere la carta d’ identità ai clienti e nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti.” Ha poi aggiunto che verranno fatti “controlli a campione nei locali
insieme alla polizia amministrativa ma non si può pensare che l’ attività di controllo venga svolta dalle forze di polizia. Significherebbe distoglierle dal loro compito prioritario che è garantire la sicurezza”. Anche se l’obiettivo primario è tutelare la salute pubblica.
“Apprezziamo le parole del ministro ma è bene che si faccia chiarezza: se qualcuno esibisce un Green pass di un’ altra persona e viene scoperto nei controlli a campione della polizia, un barista non può esserne responsabile e rischiare a sua volta una sanzione”, ha detto il direttore generale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) di Confcommercio, Roberto Calugi, che chiede di “modificare la norma o almeno emanare una circolare ministeriale”.
I ristoratori saranno comunque tenuti ad una verifica di “congruità” dei dati nel Green Pass rispetto alla persona che si ha di fronte: dunque il sesso e – anche se approssimativamente – l’ età.”