La Delegazione FAI di Terni ha inaugurato un nuovo ciclo di appuntamenti denominati “Cosa #Fai Stasera?”
La prima conferenza, “Il Belli e Terni, un rapporto speciale”, si è tenuta alla Libreria Laurentiana di Terni con Mico Cundari, attore che debuttò nel 1952 al fianco di Vittorio Gassman nell’Amleto, protagonista poi di tanti sceneggiati che hanno fatto la storia della televisione italiana e di grandi successi teatrali, insieme al professor Domenico Cialfi, grande esperto di storia del territorio. Ad introdurre l’incontro è stato l’animatore culturale Attilio Faroppa Audrino italo svizzero di origine, ma amerino di adozione.
Nato nel 1791 e morto nel 1863 a Roma, Giuseppe Gioachino Belli è uno dei poeti romani più rappresentativi della vox populi del XIX secolo. Ha iniziato a dedicarsi assiduamente alla poesia dialettale negli anni Trenta dell’Ottocento componendo 2279 Sonetti romaneschi. Il dialetto romanesco fu l’arma di cui si servì per mettere a nudo le incongruenze del suo tempo.
A Terni arrivò in seguito al matrimonio, avvenuto nel 1816, con la benestante ternana Maria Corti, vedova di 13 anni più grande di lui, che gli permise di vivere agiatamente. Al marito, infatti, Maria affidò la cura dei beni fuori Roma, ossia quelli ternani, che si componevano di un palazzo in quella che allora si chiamava via delle Carrozze, l’attuale via Fratini dove l’Istituto di studi teologici e sociali ha posto un’epigrafe commemorativa, un caseggiato con terreno a Piedimonte, alcuni appezzamenti nella zona di San Martino e al Monumento nei pressi del cimitero, a Cesi e San Gemini.
“Questo matrimonio è stato la fortuna del Belli – spiega il professor Cialfi – perché cambiò la vita dello scrivano, del computista, che abbandonò addirittura il suo lavoro visto che era diventato proprietario. Riuscì anche ad andare a Milano e conoscere il grande poeta dialettale lombardo Porta.”
Belli trascorreva del tempo anche a casa dei cugini di Maria in via Garibaldi, ma preferiva di gran lunga la vicina “Osteria del Giglio” nominata in uno dei pochissimi sonetti in cui si parla di Terni.
“Gli antichi ternani, ricorda Domenico Cialfi, dicevano che quella era la taverna del poeta perché li Belli componeva ed incontrava una serie di persone”.
Belli divenne vedovo nel 1837 e cominciò a cambiare spesso abitazione distaccandosi da Terni.
Monsignor Vincenzo Tizzani (1809-1892) parroco del rione Monti che nel 1843 venne nominato vescovo di Terni, fu per 25 anni un suo grande amico ed ebbe un ruolo importantissimo dopo la scomparsa del poeta romano. A lui, infatti, spetta il merito di aver salvato i sonetti del Belli. Per il poeta romano si sarebbero dovuti bruciare, ma il lungimirante Tizzani li consegnò al figlio permettendo così che l’opera del poeta romanesco potesse essere conosciuta dai posteri.
Il prossimo appuntamento con la rassegna “Cosa #Fai Stasera?” è fissato per il 10 febbraio a Il Granaio di Amelia con Paolo Pennazzi e Massimiliano Bardani che parleranno di “Amelia, una potenza regionale e i suoi castelli”.