Tutti assolti. Il fatto non sussiste. Il cosiddetto scandalo degli appalti s’è dissolto in una bolla di sapone, al processo di primo grado davanti al Tribunale di Terni . Venti imputati, tecnici comunali ed amministratori ossia uomini politici messi alla berlina, umiliati, sbeffeggiati nel corso di campagne elettorali urlate con la bava alla bocca. Coreografie da film americano al momento delle indagini, alla ricerca del clamore. Prima di tutto vanno ripetuti i nomi di chi è rimasto per mesi in mezzo all’ingranaggio. Gente a cui la sentenza assolutoria restituisce una dignità di cittadino e di persona: l’ex sindaco Leopoldo Di Girolamo, l’ex assessore ai Lavori pubblici Stefano Bucari e gli ex assessori Roberto Fabrini, Daniela Tedeschi, Francesco Andreani, Renato Bartolini, Emilio Giacchetti, Simone Guerra, Francesca Malafoglia, Marco Malatesta, Libero Paci, Sandro Piermatti, Silvano Ricci, Giorgio Armillei, Cristhia Falchetti Ballerani, tutti componenti, in vario periodo, della giunta comunale ternana; e gli ex dirigenti comunali Renato Pierdonati e Luciano Sdogati, il funzionario comunale Federico Nannurelli e Carlo Andreucci della Coop Alis. Il ventesimo imputato era l’ex assessore Luigi Bencivenga, deceduto nel luglio scorso. Una sentenza quindi che restituisce il dovuto anche alla memoria di Luigi Bencivenga.
Le leggi non sono state violate, dice la sentenza. Punto e basta. Il Tribunale non si è pronunciato, né può farlo, sulla qualità dell’azione politico-amministrativa, sulle linee e i comportamenti dei partiti cui gli amministratori appartenevano, né più in generale sulla politica ternana.
Non era compito del processo esprimere un giudizio se l’amministrazione cittadina era efficace, adatta, incisiva; se si è dimostrata o meno in grado di gestire, rilanciare la città; affrontare i problemi dei cittadini efficacemente. Il giudizio, su questo compete agli elettori. Magari con un giudizio sereno e senza schieramenti da curva sud.
Si sa com’è andata. Il partito Democratico, la forza più rappresentativa di quelle amministrazioni che hanno governato dal 1999 in poi, ne è uscito sfilacciato, pagando per la progressiva perdita propulsiva della propria proposta, per l’allontanamento dai problemi reali o dalle aspirazioni dei cittadini, avvitandosi in lotte di potere che si svolgevano nel chiuso delle stanze e che non potevano non scaricarsi su chi si trovava in prima linea nell’amministrare la città.
Non si sa se aveva ragione chi, seppur sommessamente, parlava di feriti a causa del “fuoco amico”. E difficilmente si saprà, per cui si tratta – almeno per ora – solo di congetture.
Le colpe di quegli amministratori sul piano politico possono essere semmai individuate in una scarsa resistenza o all’essere volutamente parte di quei meccanismi rivelatisi disastrosi. Per loro, per la politica ternana in generale, per la città che ha scontato una paralisi amministrativa derivante anche e soprattutto dalle guerre all’interno del maggior partito del centro sinistra.
Ora tocca ad altri misurarsi con i problemi del giorno per giorno. Il rischio è che alcuni meccanismi siano capaci di sopravvivere a sé stessi, in una allegoria gattopardiana che potrebbe nascondersi in tanti avvenimenti che, dallo scoppiare del “Caso Spada”, soni apparsi rivoluzionari.