“Per la prima volta comincia a sgretolarsi l’approccio negazionista che per ben dieci anni ha bloccato la somministrazione di vere politiche di risanamento ambientale nella Conca ternana”. Lo ha detto nella conferenza stampa di questa mattina , il consigliere regionale del MoVimento 5 Stelle Thomas De Luca che ha illustrato, insieme ai consiglieri comunali di Terni Valentina Pococacio e Claudio Fiorelli, gli emendamenti approvati nell’aggiornamento del Piano regionale di qualità dell’aria votato ieri in assemblea legislativa. “Un passo avanti storico che rappresenta una piccola rivoluzione rispetto alle azioni di intervento in merito all’impatto sanitario dell’inquinamento nella zona di Terni – ha aggiunto De Luca – e questo grazie agli emendamenti presentati dal MoVimento 5 Stelle”.
“Una piccola rivoluzione grazie a una ferrea opposizione, nel Piano sono stati inseriti punti importanti per i quali abbiamo lottato per anni. Nelle aree inquinate tutti i cittadini hanno il diritto ad essere sottoposti a screening per cogliere le malattie e le patologie correlate alle esposizioni ambientali. Dopo dieci anni di chiacchiere finalmente vengono raddoppiate le risorse per gli studi epidemiologici. Abbiamo preteso che lo studio eziologico partisse dalle categorie più fragili individuate dallo Studio Sentieri e cioè bambini in fascia pediatrica, tumore alla mammella nelle donne e lavoratori delle fonderie. Ora, finalmente, si parla di metalli pesanti e di apporto industriale, viene smontata definitivamente la bufala delle stufe e dei caminetti.
Abbiamo difeso il divieto di potenziamento e di nuova costruzione di impianti di incenerimento – ha affermato ancora De Luca – e comunque di tutti gli impianti di combustione inquinanti al di sopra dei 3 MW di potenza che utilizzino combustibili da fonti fossili solide o liquide, biomasse solide o liquide, rifiuti. Divieto che alcuni avevano proposto di eliminare. Abbiamo ripristinato un principio di verità e messo al centro la salute dei cittadini esposti involontari, soprattutto i più deboli e le fasce più vulnerabili. C’è stato un confronto serrato, una lunga trattativa sui contenuti tecnici e politici. Per la prima volta si sgretola l’approccio negazionista che per troppi anni ha bloccato la somministrazione delle politiche di risanamento ambientale, reinserendo l’apporto industriale nelle valutazioni dell’inquinamento, ridimensionando l’apporto della combustione da biomasse caminetti e ristabilendo, seppur in piccola parte, la corretta informazione.
Il piano della qualità dell’aria della Regione Umbria presenta profonde lacune – ha precisato il consigliere 5 stelle – come l’assenza di dati e basi scientifiche nella fase di analisi, incoerenze nella fase di valutazione e quindi misure che non hanno prodotto risultati ma hanno disperso ingenti quantità di risorse pubbliche che dovevano essere utilizzate per la rimozione dei fattori strutturali che sono alla base della questione ambientale della Conca ternana. Nei criteri per l’elaborazione del Piano, la Regione Umbria ha sempre tenuto conto solo ed esclusivamente dell’inventario regionale delle emissioni. Parliamo di un registro che raccoglie i dati relativi alle emissione puntuali, come ad esempio le ciminiere delle fabbriche, sommandole a stime sulle emissioni diffuse come il traffico o il riscaldamento domestico da caminetti e stufe. Stime effettuate attraverso metodologie che non possono in alcun modo costituire lo strumento più affidabile per l’individuazione delle sorgenti di inquinamento e l’attribuzione del loro peso. Basti pensare che la valutazione dei consumi di legna nelle pizzerie e bracerie della regione è stato dedotto dagli elenchi delle pagine gialle online.
Per questo motivo all’interno del DEFR (documento di economia e finanza regionale) c’è scritto che l’inquinamento della Conca ternana è attribuibile per l’80% al riscaldamento domestico, quindi a stufe e caminetti. Ed è proprio su questo che abbiamo ritenuto del tutto inspiegabile l’assenza in tutto il documento del sistematico superamento del valore obiettivo del nichel: 5 anni su 7 da quando è iniziato il monitoraggio di questo metallo, quando invece la legge fissa specifiche azioni e obblighi in capo alla Regione. Abbiamo ritenuto inspiegabile l’assenza di una valutazione nel quadro conoscitivo del profilo sanitario della popolazione esposta e di una correlazione con gli altri strumenti di programmazione come il piano della prevenzione e il piano sanitario. Queste motivazioni ci hanno portato a produrre oltre 100 emendamenti lo scorso marzo”.