I lavoratori della Treofan di Terni sono molto preoccupati per il futuro dello stabilimento, che occupa 150 dipendenti, dopo la decisione definitiva della multinazionale indiana Jindal di chiudere lo quello di Battipaglia. E lo hanno ribadì nell’assemblea che si è svolta presso la fabbrica del polo chimico di Terni alla quale hanno partecipato anche i rappresentanti nazionali, regionali e provinciali di Filctem Cgil (Sergio Cardinali e Marianna Formica), Femca Cisl (Luciano Tramannoni e Fabrizio Framarini) e Uiltec Uil (Venere Balla e Doriana Gramaccioni) è emersa con chiarezza una situazione .
“In primo luogo – hanno sottolineato i rappresentanti sindacali – stiamo portando avanti una vertenza senza avere un vero interlocutore, perché Jindal comunica solo per email e l’amministratore delegato di Treofan Manfred Kaufmann ha partecipato agli incontri al Mise solo in video. Poi – hanno aggiunto – c’è un piano industriale presentato dall’azienda per giustificare la chiusura di Battipaglia che è una barzelletta: 10 slide messe insieme con numeri che non tornano e non possono bastare”.
In questo quadro lo stabilimento di Terni, al quale sono state date sulla carta garanzie di continuità per un periodo di 3 anni, secondo i sindacati è fortemente a rischio perché 1,5 milioni di euro di investimenti l’anno “non bastano nemmeno per le manutenzioni ordinarie” e poi perché “sta continuando l’operazione di spostamento delle produzioni a maggior valore aggiunto e delle competenze verso gli altri stabilimenti: quello di Brindisi sul quale la Regione Puglia ha fatto un investimento pubblico notevole e quello in Germania”.
Secondo i rappresentanti di Filctem, Femca e Uiltec è, quindi, necessario “preparare un documento dettagliato nel quale chiedere conto all’amministratore delegato, prima del prossimo incontro al Mise, di tutte le incongruenze del finto piano industriale. Poi, qualora non arrivasse risposta, dobbiamo prepararci ad usare le armi della mobilitazione, consapevoli che questo stabilimento ha delle produzioni che stanno molto a cuore all’azienda – hanno concluso i sindacati – e che quindi abbiamo il coltello dalla parte del manico”.