Le incertezze che pesano sul futuro dei siti industriali Sangemini e Amerino, del gruppo Acque Minerali d’Italia, preoccupano i lavoratori e i sindacati. Per questo Cgil Cisl e Uil chiedono alla famiglia Pessina, proprietaria del Gruppo, un incontro urgente per discutere del rilancio dei marchi e assicurare il rispetto degli impegni presi nel 2014 quando acquisì i due siti. Allora la proprietà, d’accordo con sindacati ed istituzioni, si impegnò ad arrivare in quattro anni ad una vendita di 250 milioni di bottiglie l’anno per mantenere i livelli occupazionali attuali, 96 unità. Inoltre, la Regione Umbria ha concesso ai proprietari delle acque Sangemini e Amerino le autorizzazioni per l’estrazione acquifera nei pozzi, che sono di sua proprietà, ad un canone agevolato in cambio di investimenti finalizzati allo sviluppo dei marchi. Ma al momento la produzione è ferma a 170 milioni di pezzi e non si intravede nessuno dei provvedimenti che Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil ritengono necessari al rilancio dei due siti.
“Eppure – sottolinea il segretario della Flai Cgil Umbria, Paolo Sciaboletta – si tratta di accordi ancora in vigore e il cui contenuto è chiaro”.
“Quello che abbiamo sottoscritto nel 2014 – aggiunge Simone Dezi, della Fai Cisl Umbria – è stato un accordo difficile, ma necessario per la salvaguardia della produzione e dei livelli occupazionali. Noi abbiamo fatto la nostra parte, ora tocca alla proprietà darci le risposte che ci spettano con un piano di sviluppo”.
“È arrivato il momento – afferma Daniele Marcaccioli segretario regionale Uila Uil – di fare il punto sul futuro di questa azienda, richiamando la parte datoriale al rispetto degli impegni presi. La Regione Umbria – prosegue – questi protocolli dovrà farli rispettare, anche perché la proprietà dei siti Sangemini e Amerino sta sfruttando concessioni agevolate su quello che è uno dei bacini più grandi (circa 1000 mt), ma il bene è pubblico, poiché è della Regione”.
I sindacati ritengono indispensabile l’istituzione del direttore di stabilimento, invece è stato presentato loro il direttore del personale Arturo Ferrucci, manager già passato all’Ast.
“È necessaria una direzione commerciale delle acque minerali locali rivolta ai nostri marchi, in grado di rilanciare gli stessi come quelli di un’”acqua a km 0”, fino alla creazione di una linea di acque in vetro dedicata alla ristorazione, indispensabile per diversificare le produzioni. Inoltre – prosegue Dezi – sfruttando le risorse legate all’Area di crisi complessa si potrebbero realizzare investimenti fondamentali, in grado di legare l’innovazione del ciclo produttivo allo sviluppo e all’occupazione. Basti pensare ai possibili macchinari per pre-forma o tappi, o a una linea dedicata al beverage, attualmente assenti in azienda, ma che potrebbero costituire un volano per la crescita dell’intero gruppo. Quello che serve – conclude – è un percorso serio e costruttivo con l’azienda”.
“Quando a gennaio di quest’anno i Pessina hanno deciso di inglobare tutti gli 8 stabilimenti di loro proprietà in un unico soggetto, la Acque Minerali d’Italia – prosegue Sciaboletta – hanno affermato di diventare così il terzo gruppo nel settore delle acque minerali a livello nazionale. Eppure registriamo problemi nell’approvvigionamento delle materie prime necessarie alla produzione e un continuo, disorientato, turn over di apicalità aziendali, dove figure anche importanti si alternano senza alcuna razionalità. Così non può funzionare. Pertanto – conclude – chiediamo alla proprietà aziendale un incontro urgente per discutere, anche alla luce degli impegni sottoscritti, di un piano di sviluppo industriale ormai non più rinviabile”.














