C’é poco da aggiungere, anzi niente, a un post pubblicato dal SUNIA (il sindacato degli inquilini) in cui si racconta la vicenda di un uomo di nome Romolo, 82 anni, ternano, che è morto prima che gli venisse assegnato un alloggio popolare che gli sarebbe spettato come invalido e che chiedeva da anni (una decina). E nella sua condizione c’era anche la moglie.
O meglio, è morto il giorno prima dell’emanazione del bando (aperto anch’esso dopo anni) al quale avrebbe potuto partecipare.
L’inefficienza e la burocrazia sono ostacoli, a volte, insormontabili.
LA STORIA
Ci sono storie che non dovrebbero finire così.
Ci sono battaglie che non dovrebbero durare una vita.
Romolo ha trascorso gli ultimi dieci anni della sua vita a lottare per una casa che fosse davvero una casa: un luogo dove potersi muovere senza dolore, dove la sua grave invalidità e quella di sua moglie non diventassero ogni giorno una prigione fatta di ostacoli, scale, spazi impossibili.
Ha bussato a ogni porta, scritto lettere, fatto segnalazioni, chiesto ascolto. Lo ha sempre fatto con tenacia, educazione e dignità. Quella stessa dignità che gli è stata negata.
Ma il sistema — quello che si nasconde dietro moduli, graduatorie e silenzi — troppo spesso è inefficace.
E così gli anni sono passati. Uno dopo l’altro.
Mentre il tempo, quello vero, quello della vita, si consumava.
E proprio in questi giornj, in cui è finalmente uscito il bando per la mobilità abitativa e Romolo avrebbe potuto sperare in un alloggio più giusto, più umano, più suo… Romolo non c’è più.
È morto in attesa di una risposta.
Un’attesa che non dovrebbe mai essere la condanna di nessuno.
Noi del Sunia Terni vogliamo ricordarlo così: come un uomo che non si è arreso, che ci ha insegnato cosa significa dignità, e che con la sua forza, con la sua voce gentile ma ferma, è stato per noi un pungolo, uno sprone, una coscienza viva.
Se oggi esiste un bando per la mobilità, lo dobbiamo anche a lui.
A Romolo, che non ha mai smesso di credere che ogni persona, disabile o meno, povera o meno, ha diritto a vivere in una casa adeguata, in un luogo che rispetti la sua umanità.
Il tempo, purtroppo, è inesorabile. Ma la memoria no.