La consigliera comunale di Montecastrilli, della Lega, Sabina Accorroni, è critica nei confronti del suo comune per i costi della Tari che, nel giro di pochi anni, sono lievitati fino al 60% e per i rapporti intercorsi con Asm sui presunti debiti.
L’INTERVENTO DI SABINA ACCORRONI
Sul costo della Tariffa TARES-TARI, dal 2013 in poi, il nostro comune, e sembra che non sia il solo della provincia di Terni, ha scaricato parte della sua spesa personale per l’attività di accertamento e di recupero dell’evasione della sola tariffa, oltre un milione di euro.
Così facendo i comuni sono riusciti ad aggirare la legge del 2010 che prevedeva e prevede di ridurre il costo lordo del personale, premi compresi.
Come se non bastasse, da una serie di ingiunzioni pervenute al nostro comune, dal 2017 in poi, inviate da ASM, risulterebbe che il nostro comune avrebbe violato il contratto di servizio che ci legava ad ASM per il periodo TRSU/TARES ed a RTI-ASM nel periodo TARI 2014-2015, per una cifra annuale di 44.957 euro, spettante ai due gestori, dal 2006 al 31 dicembre 2015, per un debito presunto di 444.000 euro.
ASM, accortasi di questa violazione nel 2015, ha scritto nel suo rendiconto che intendeva recuperare i crediti dai comuni serviti dal 2006 in poi, e la stessa cosa la confermerebbero gli accertamenti per il recupero dell’evasione del servizio rifiuti, facendo distinzione tra evasione da fatturazione ed evasione extra fatturazione.
Il nostro comune ha subito accontentato le richieste di RTI-ASM a partire dal 1 gennaio 2016, ma il contenzioso è continuato, non scritto, per il periodo precedente al 31 dicembre 2015.
Abbiamo chiesto chiarimenti alla dirigenza di ASM, al Sindaco del nostro comune, ma nel merito non hanno voluto fornire alcuna spiegazione, anche perché abbiamo chiesto loro come mai ai due gestori sono state pagate nel triennio 2017-2018-2019, 404.000 euro più di quanto richiesto ufficialmente dalla stessa ASM.
Sembrerebbe anche che i nostri uffici avessero intenzione, prima che si scatenasse la bufera, di aggiungere al PEF 2020 altri 44.957 euro, pagando quindi tutti i crediti richiesti da ASM nei 10 anni precedenti il 2016.
Le nostre utenze comunali già nel 2012 avevano pagato il 100% del servizio rifiuti, compresa la sottoscritta che ha pagato 503,00 euro nel 2012, nel 2019 ha pagato, a parità di metri quadri, 796,00 euro, circa il 60% in più, e la stessa cosa è capitata alle altre utenze familiari del nostro territorio.
I nostri uffici, dal 2017, ogni anno, hanno compiuto delle cancellazioni di crediti del servizio rifiuti, i cosiddetti “sgravi”, quindi come prevede la legge sarebbero mancati introiti da evasione definitivamente non recuperabili della sola tariffa TARES-TARI.
Se andiamo a leggere le determine, però, quegli “sgravi” erano dei crediti accertati per errore, i presunti evasori erano degli utenti che avevano regolarmente pagato oppure lo stavano facendo a rate, quindi non erano mancati introiti ma accertamenti errati.
Inoltre, erano crediti anche da TRSU, un tributo abolito da anni, o crediti da evasione extra PEF (extra fatturazione) che non possono essere, a fine procedura di recupero, sommati, ai sensi della legge 147/2013, ai costi della TARI.
Che questa operazione di calcolo di costi aggiuntivi non è legittima lo dimostra il fatto che nel PEF di questo ultimo triennio questi sgravi sono stati chiamati con altro nome, e cioè “riduzioni”, ma come abbiamo visto non erano minori introiti.
Inoltre, questi ulteriori costi non prevedibili non potevano essere aggiunti al fatturato base annuale del servizio facendolo diventare una scalinata verso l’alto.
Le utenze domestiche del nostro comune oltre l’astronomico aumento di costi sono state, a mio parere, anche beffate dallo stesso comune, perché quelle mancate fatturazioni che provenivano quasi per intero dalle utenze non domestiche, sono state caricate sul costo del servizio delle utenze domestiche, pari all’87%.
Questa proporzione in percentuale di costi tra le due tipologie di utenze è stata stravolta due volte. Non fatturando 44.000 euro di costi da utenze domestiche prima del 2016 e poi nel 2018 caricando tutto l’aumento annuale sempre sulle utenze domestiche.
Prima del 2017 la percentuale era ripartita già circa 60% utenze domestiche e 30% utenze non domestiche, quindi vanno ristabilite le giuste proporzioni e, a mio parere, se non viene dimostrato che mi sono sbagliata, il comune deve restituire alle utenze domestiche l’87% dell’intera cifra di 404.000 euro, pagata ingiustamente dalle utenze. Inoltre, i costi base del 2020 devono essere liberati dalle somme di “riduzioni” diventate di anno in anno, per errore, un costo strutturale base, e tornare ai costi base del 2016.