Ventisei lavoratori sono stati costretti a passare il Natale con un piccolo acconto di tredicesima in tasca, e quello che li preoccupa di più, con un futuro grigio, fatto di arretramento della propria posizione lavorativa. Sono i dipendenti dell’Asit, la società del comune di Narni, i quali credevano di essere nella botte di ferro dell’”impiego pubblico” e si sono scoperti con la possibilità di essere inglobati, a vario titolo, nel movimento delle cooperative, che si vestirebbero da privati. Il Comune comunque non avendo più i soldi la vorrebbe vendere proprio ai privati ma nessun imprenditore, se non qualche cooperativa, ha al momento cercato notizie prima della gara pubblica. Ma se questa idea piace all’amministrazione ed ai sindacati, non è così per i dipendenti, tranne una, in verità, che si disperano della loro situazione. Ci si sono messi anche i revisori dei conti del Comune che hanno tirato fuori la possibilità di far diventare l’Asit, una “azienda speciale”, interamente pubblica, soluzione che piace anche a Gianni Daniele, Sergio Bruschini ed Gianni Novelli, capigruppo consiliari, ma piace anche all’Unione Sindacale di Base, unico sindacato a sostenere la vertenza dei lavoratori in tal senso. Gli altri tre sindacati sono invece “sparati” per la vendita al socio privato, secondo le direttive della Amministrazione comunale. “A chi giova” hanno detto le forze politiche e la sindacalista dell’Usb. Tutto sembra portare alla confusione: una gestione privata riaprirebbe la corsa alle assunzioni facili mentre una società pubblica selezionerebbe con maggiore rigore i propri dipendenti. Ma forse in tempi di elezioni questo potrebbe essere anche la soluzione che in tanti condivideranno.
Finisce così nel fallimento più completo l’insana idea di Stefano Bigaroni, di costituire una municipalizzata, per cercare una soluzione impossibile, dividendo in modo orribile, i lavoratori ch nel Comune di Narni, che ora sono inquadrati in tre o quattro contratti di lavoro. Di sicuro durante la gestione “Bigaroni” s’è assistito ad un gonfiamento degli organici, tutti assunti per chiamata diretta, dipendenti che sono stati poi passati all’Asm, tranne i ventisei che sono stati costretti a rimanere, loro malgrado, all’Asit.