Cala. La popolazione narnese continua a diminuire costantemente: 17mila e spicci ora gli abitanti che erano oltre 20mila solo qualche anno fa. È l’effetto dell’abbandono dei migranti che si erano installati a Narni nei primi anni 2000 ma poi, una volta sistematisi, imparato un mestiere, se ne stanno andando: direzione Germania, per lo più, anche se qualcuno di loro tenta la carta difficile dell’Inghilterra. Soprattutto i romeni, dimezzati in presenza, e insieme a loro, i moldavi, che li seguono dappertutto. Variazione in negativo pure da parte degli albanesi, notoriamente affezionati all’Italia. Rimane stabile, quasi, la comunità indiana, davvero integrata. Una dinamica che potrebbe non interessare gli “italiani” se poi il tutto non impattasse con i servizi pubblici. Le scuole, per esempio, si spopolano. A Santa Lucia una classe di una decina di scolari, un tentativo intelligente, per non perdere un plesso importante. Ma i bambini da quelle parti non ci sono. Il rischio grande è anche per la scuola media del Centro che si assottiglia sempre di più, diventando difficile mantenerla nonostante la dirigenza abbia introdotto tutto il possibile, a cominciare da un giardino botanico ricco di elementi didattici di prima qualità. Stesso discorso per la scuola elementare di Gualdo che doveva diventare il fulcro delle frazioni d’intorno ma che ormai non viene frequentata da nessuno. Compariranno le pluriclassi, segno di un tempo che sembrava passato? Non vanno escluse se non si vogliono far compiere lunghi viaggi ai ragazzi. La diminuzione degli abitanti si rifà ovviamente anche sui trasporti scolastici, tutti i giorni più costosi per la comunità. Rimangono comunque onerosi i servizi di prima assistenza per i migranti, come l’insegnamento della lingua italiana, verso coloro che sono pronti ad andarsene e che dell’italiano non se ne faranno nulla. Anche i commercianti sentono sulla propria pelle la scomparsa di quasi quattromila abitanti, un numero consistente.
Nel territorio narnese manca il lavoro ed è questa la causa principale, unica, della diaspora, manca un progetto che lo faccia diventare appetibile, cosa non facile. E questo non è, non può essere il turismo, importante ma assolutamente complementare: mica i narnesi possono diventare solo camerieri, garzoni o cuochi. E non si vede all’orizzonte un cambiamento importante. L’unica possibilità potrebbe essere la Spea, di proprietà di Stefano Bandecchi, potrebbe diventare una sorta di incubatoio imprenditoriale: il Comune se l’era fatta sfuggire. Ma questi sono solo dei pensieri estivi, esattamente eguali a quelli di trenta anni fa.
Intanto, anche nella settimana di Ferragosto c’è qualche immigrato che sta facendo la valigia con destinazione Germania.