“Il figlio di Dio assume la condizione umana non solo nella crudezza del realismo comune dell”umanità ma anche nella povertà assoluta: senza casa, senza comodità, senza cose necessarie a un bambino neonato. Per il Vangelo e per Gesù figlio di Dio è stata la realtà di una esistenza iniziata nella povertà materiale, vissuta nella povertà esistenziale, poi annunziata quale beatitudine per coloro che danno valore relativo ai beni della terra, che riconoscono la povertà esistenziale nella natura umana e accolgono Dio come unico bene.”
Un richiamo dunque alla povertà, allo stretto necessario quello sul quale ha insistito mons. Giuseppe Piemontese nella sua omelia della notte di Natale.
“Come dice Papa Francesco – ha aggiunto il vescovo – il presepe a Natale è un invito a sentire, a toccare la povertà che il figlio di Dio ha scelto per sé nella sua incarnazione. E così, implicitamente, è un appello a seguirlo sulla via dell’umiltà, della povertà, della spoliazione, che dalla mangiatoia di Betlemme conduce alla Croce. E’ un appello a incontrarlo e servirlo con misericordia, nei fratelli e nelle sorelle più bisognose. Ci interroghiamo: quanti oggi hanno memoria di questo mistero? Quanti, nell’agitarsi frenetico del tempo natalizio, pensiamo all’albero di Natale, alle luci, ai suoni e ai frastuoni, alla smania di acquisti e di regali, quanti sostano davanti a quel bambino che giace in una mangiatoia e lo adorano come Maria e Giuseppe, i pastori, i Magi? Quanti di noi si fanno adoratori di Dio vivente , fatto uomo e manifestato nella tenera carne di un bambino per di più povero? Quanti di noi riconoscono nei propri simili, specie i poveri, i malati, i bisognosi, Gesù figlio di Dio incarnato?”
PRATICA RELIGIOSA E TESTIMONIANZA CRISTIANA DECISAMENTE RAFFREDDATE
“La notizia della nascita del figlio di Dio – ha detto ancora Mons. Piemontese – è sempre di più relegata in un trafiletto nei piccoli giornali di provincia dove sfugge all’attenzione dei più. La lieta notizia del Vangelo – ci ricorda Papa Francesco – oramai è sempre più sconosciuta, anche nei paesi di antica cristianità. Dice il Papa: non siamo più in un regime di cristianità, perché la Fede, specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’occidente, non costituisce un presupposto ovvio del vivere comune, anzi, spesso viene perfino negata, derisa, emarginata, ridicolizzata. Anche nella nostra regione Umbria e nella nostra diocesi, la pratica religiosa e la testimonianza cristiana sono decisamente raffreddate. Abbiamo bisogno anche noi di riscoprire i fondamenti del Vangelo di Gesù, di convertirci, mettendoci decisamente alla scuola di Gesù.”
“Amatevi anche voi, gli uni con gli altri – dice Papa Francesco – da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete a cuore gli uni per gli altri. Di fatto Gesù non ci chiede di amare lui, come risposta al suo amore per noi, ci domanda piuttosto di amarci l’uno con l’altro come risposta al suo amore.Ci domanda, in altre parole, di essere simile a lui.”