Eppure c’è qualcosa che suona a coccio… Questa vicenda del piano del Comune di Terni per evitare il dissesto va avanti da troppo tempo ormai. Se il documento, ora dopo una serie di rinvii e contro rinvii, è dichiarato addirittura irricevibile da chi deve esaminarlo c’è da chiedersi quanto siano sprovveduti ed ignoranti coloro che a Palazzo Spada si sono occupati di tutto l’incartamento. Una manica di buoni a nulla, ivi compresi quei consulenti pescati nell’élite dei conoscitori della materia. Quel che è sicuro è che non è nemmeno pensabile che sulle tasche dei cittadini ternani ci sia chi mette in essere giochetti masochistici e pericolosi.
Eppure sembra che il documento di riequilibrio finanziario sembra il “piano di Penelope”; c’è o non c’è la volontà da parte di tutti, ognuno per la parte che gli compete, di salvare il salvabile? C’è o non c’è la determinazione generale ad abbreviare i tempi?
Si vuole davvero evitare una dichiarazione di dissesto che sarebbe un altro calcio alle ginocchia per la città? Sarà bene tener presente, infatti, che un eventuale stato di dissesto lega le mani al Comune su investimenti produttivi, ma anche su quelli di “straordinaria normalità”; chi aspetta di veder onorate le proprie fatture non potrà che aspettare e sperare con una sola certezza: non si gioverà né di interessi né di rivalutazioni monetarie. Non basta: le aliquote delle tasse saliranno al massimo consentito dalla legge ed in qualche caso si tratta di vere e proprie batoste; per i servizi a domanda individuale (un esempio per tutti: lo scuolabus) ricadrà sugli utenti il 36% dei costi. Una botta in più su portafogli spesso già frastornati. Mentre le buche sulle strade rimarranno, tanto per dirne una. Ripercussioni riguarderanno anche i dipendenti comunali: alcuni posti di lavoro si perderanno, di nuovi non ce ne saranno.
Ma allora, perché non mettersi a remare e tutti da una parte? O si dà ragione ai Tafazzi nostrani, pronti a gioire perché per via contabile farebbero fuori un’amministrazione che vacilla già di suo?