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PARTITO DEMOCRATICO: CHIUSURA A SINISTRA. RIFONDAZIONE NON PARTECIPA ALLE CONSULTAZIONI.

IL SEGRETARIO CARLETTI: SONO LE METASTASI DEL POTERE.

di Adriano Lorenzoni
domenica 01 Aprile 2018 06:00
in Politica
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“Nessun incontro col Partito Democratico, nessuna possibilità di convergenza, nessuna modificazione del giudizio che negli anni abbiamo fatto risuonare forte e chiaro: il Partito Democratico e l’accozzaglia di centro sinistra sono la metastasi di potere di questo territorio umiliato da logiche predatorie, spartitorie e consociative, appiattito ai livelli regionali e nazionali, telecomandato dai poteri forti.

Di questa metastasi noi vogliamo essere la cura definitiva, non il suo palliativo.”

La chiusura netta e irrevocabile è in direzione del Partito Democratico (in modo macabro paragonato alle metastasi) , la smentita è rivolta evidentemente a noi che avevamo pubblicato la notizia. La smentita viene fatta attraverso un post su Facebook dal segretario di Rifondazione Comunista, Lorenzo Carletti. Che aggiunge:”Se lo mettano in testa le redazioni che, nonostante abbiano ricevuto la mia lettera pubblica del 28 Marzo, che ripropongo per i più sbadati e male informati, non hanno inteso e non intendono verificare le informazioni prima di spacciarle come notizie.”

Il nostro “informatore” è più che attendibile, prendiamo atto della smentita del segretario di Rifondazione e pubblichiamo la lettera che ha mandato alle redazioni nella quale, tra le altre cose, afferma che farà un passo indietro, “sfidando i gruppi dirigenti della sinistra ternana a fare lo stesso.Azzerare per ricominciare. Offrire il più limpido piano di confronto possibile, poi le forze vive che l’attraverseranno vedranno come e se sarà possibile costruire una risposta in termini di discontinuità, alternativa progettuale, di pluralismo, di pensiero lungo, una proiezione nuova di territorio da qui in futuro.” Il PD, dunque, non è considerato un interlocutore ma un avversario nei confronti del quale va costruita l’alternativa, di sinistra.

LA LETTERA

Il dato politico del 4 Marzo segna una svolta storica nella dinamica culturale e politica della società italiana, uno snodo che occorre saper leggere se non si vuole rischiare di rimanere fuori dal perimetro del reale e del sensato. La forza di rottura con cui i giovani, le categorie del lavoro e del precariato hanno stravolto il rapporto tra classe politica e corpo sociale tratteggia una liquefazione totale dei rapporti tradizionali. Uno strappo violento, non riassorbibile in termini “classici”.
Tale liquefazione dei rapporti non riguarda solo le forze di governo, ma anche coloro che hanno in animo la costruzione dell’alternativa al tracollo ultra-liberista prodotto negli anni che è alla base di tale strappo.
Non capire la portata di questa rottura significa procedere nella direzione del suicidio politico.
Occorre ragionare a partire da un piano diverso: così come in matematica le equazioni misurano il rapporto tra le forze ed il processo che ne deriva, spetta alla politica lo sviluppo di una teoria ed una prassi congrue al misurazione dei mutamenti sociali, produttivi e culturali insiti nella società, dei meccanismi alla base della trasformazione in senso progressivo della democrazia nel suo valore più alto. La nostra equazione deve star dentro una visione organica e scientifica che possa osservare, interpretare, interagire e quindi, modificare i processi reali.
In questi anni ho personalmente speso la quasi totalità del mio tempo libero nella ricerca degli elementi di comprensione necessari alla definizione di una equazione politica organica alla fase.
Come comunista ho sempre lottato per la liberazione dell’uomo dal lavoro in favore del suo tempo libero. Quel tempo libero l’ho sempre speso verso la definizione pragmatica del percorso di lotta e di organizzazione. Nel 2014, sostenuto da una generosa collettività politica, riscontrata l’autoreferenzialità e la lucida pericolosità di un sistema politico e di potere volto a riprodurre essenzialmente se stesso, ho scelto di rompere un alleanza venticinquennale per aprire una nuova strada, una nuova sfida, una nuova storia dopo la fine della storia del centro sinistra, che oggi si manifesta tragicamente nel tracollo economico, sociale, produttivo e culturale in cui la nostra città sprofonda, desertificata e priva di certezze e prospettive, piegata in un vortice di commiserazione ed abbattuta dal dissesto finanziario.
Riscontrare che oggi quella strada di costruzione dell’alternativa, di messa in discussione delle certezze viene considerata da larga parte della sinistra politica e sociale l’unica via percorribile per assorbire l’anomalia tutta italiana dell’assenza di un campo politico antiliberista, autonomo ed alternativo sul piano dell’analisi della società e della proposta, aggregante e non autoreferenziale, è una medaglia che non esito ad appuntarmi al petto. Avevamo ragione, ma non basta.
In questi anni di esercizio della direzione politica ho avuto la possibilità di misurare che oltre le equazioni, le analisi i metodi, la politica come tutte le attività e le scienze umane è appunto fatta dagli uomini. Quindi prescinde da una tendenza alla perfezione. Uomini e donne che ho visto arrendersi (allinearsi si direbbe in termini politici, prostrarsi è il termine giusto in termini concreti) piegare scelte politiche di responsabilità collettiva a dinamiche esclusive e personali, rallentare e parcellizzare processi storicamente necessari per godere ancora un poco di qualche regalia, scampolo, luccichio di visibilità elargita ed esercitata nella piena compatibilità di scelte contrarie all’interesse collettivo e condiviso. Ecco, credo che costruire oggi un opzione politica che risponda ai criteri della rottura post elettorale tra popolo e politica significhi due cose: non fermarsi all’esegesi della diversità su basi esclusivamente identitarie, alla ricerca teorica pura e purista, alla critica asettica della decadenza populista, ma concretizzare una nuova teoria e prassi rivoluzionaria in termini di proposta e di azione politica, una grande sfida che unisca su basi programmatiche e progettuali, oltre che ideologiche, partendo dalla forze vive presenti a Terni, dal mondo dell’associazionismo e dei comitati, dalla militanza diffusa.
Per fare ciò occorre praticare il completo azzeramento dalle future liste elettorali dei gruppi dirigenti e di coloro che hanno avuto, a tutti i livelli, incarichi politici o istituzionali nel centro-sinistra che ha distrutto questo territorio. Fissare il principio di esclusione dalle liste di queste componenti restituisce senso ad un’ operazione rivoluzionaria e non più rinviabile, aprire e lasciare spazio a nuovi protagonismi della società, all’auspicato incontro degli intelletti e delle intellettualità che nella crisi di sono forgiate, così da restituire una visione “alta” e disinteressata che deve caratterizzare la battaglia politica.
Con questo spirito come comunisti abbiamo aderito al progetto di Potere al Popolo, che nasce come trasformazione dal basso verso l’alto di processi che le categorie del lavoro hanno sempre subito in senso contrario, come dittatura del vertice verso la base, rompendo la passivizzazione sociale e l’isolamento, costruendo ponti ed abbattendo muri.
Con questo spirito, Credo quindi che occorra “prima fare e poi parlare” e che pertanto io debba essere, e lo sarò, il primo a fare un passo indietro, sfidando i gruppi dirigenti della sinistra ternana a fare lo stesso, pur non avendo avuto nulla a che fare con le scelte che hanno portato Terni in questo pantano, ma avendole combattute a viso aperto, spesso in splendido isolamento, sostenuto solo dai militanti di Rifondazione Comunista.
Azzerare per ricominciare. Offrire il più limpido piano di confronto possibile, poi le forze vive che l’attraverseranno vedranno come e se sarà possibile costruire una risposta in termini di discontinuità, alternativa progettuale, di pluralismo, di pensiero lungo, una proiezione nuova di territorio da qui in futuro. Un futuro che rischia di vedere la città di Terni ostaggio delle destre più retrive e conservatrici. Ciò impone responsabilità e determinazione, riflessione e sforzo unitario. Di fronte al rischio di una definitiva implosione economica e sociale, inframezzata dalla concreta deriva fascistoide, deve incunearsi la riflessione della sinistra e dei comunisti.
In questi anni ho imparato che coerenza e coraggio, distruzione delle obsolete certezze e costruzione di nuove pratiche e contributo spassionato, sono gli unici elementi che si possano portare dentro alla trincea che è la politica, aldilà dei risultati, delle velleità personali. Nello scorrere nel tempo, nella nostra valigetta delle emozioni, c’è sempre poco spazio. Ognuno scelga cosa riporci dentro, e cosa mettere a disposizione fuori.

Tag: centro sinistraPartito democraticorifondazione comunistaTerni
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Adriano Lorenzoni

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