Dov’è finito il Pd? Cosa resta di ciò che dieci anni fa sembrò essere la realizzazione di un sogno? Finalmente nasceva una formazione politica, un po’ partito e un po’ movimento, che realizzava l’unità di tutte le forze popolari, moderate, democratiche e progressiste. Quell’alternativa – anche se ormai nel 2008 non era più il termine giusto – che vedeva insieme i vecchi comunisti, i Dc per i quali essere cristiani significava impegno sociale; tanti socialisti rimasti senza partito dopo il ciclone degli anni ’90 e la reazione di alcuni tra di loro passati – addirittura – a destra. E ancora: repubblicani, radicali, ambientalisti. Quella forza politica sembrava riassumesse un po’ tutte queste correnti di pensiero.
Cos’è rimasto di quell’entusiasmo e di quella possibilità di sperare in una società più giusta: solidale, rispettosa delle libertà, impegnata a favore dei più deboli e dei dimenticati, pronta a prendere il meglio della società?
Quell’entusiasmo che portò milioni di cittadini ai gazebo delle primarie,e condusse il partito ad ottenere il 40% alle elezioni europee? In troppi si sono illusi per quel risultato elettorale.
Il Pd è diventato presto una cosa del tutto diversa. Basta guardare Terni o l’Umbria, le “cose” più vicine a noi.
Con una marcia lenta ma inesorabile presto è arrivata l’involuzione: più che le idee hanno cominciato a contare i numeri da cui discendevano incarichi e poltrone; è stato il trionfo dei capibastone, delle alleanze e degli schieramenti utilitaristici. I cittadini più che ascoltati sono stati risucchiati in un vortice di clientelismo spicciolo. Già allora, e non solo per le prossime elezioni politiche, tra i politici di vertice si è ragionato di numero di voti, di collegi, di votazioni, con circoli sempre chiusi, ma affollatissimi quando si è votato per i congressi; s’è discusso attorno ai sondaggi; si è scivolati in camarille e guerre sotterranee, con consiglieri regionali che votano opponendosi l’uno all’altro, in una sorta di competizione che ha mandato in soffitta i problemi dei cittadini, a cominciare dal diritto lavoro. dalla solidarietà, dall’impegno a favore dei più deboli.
Tutte vicende che hanno provocato spaccature e contrapposizioni nella base del partito e tra gli elettori i quali hanno risposto andando ad ingrossare le file dell’astensionismo.
E mentre i turchi sono alle porte di Costantinopoli si continua a discutere di candidature, di dimissioni di amministratori, di strategie per salvare il salvabile.
Il sentore è che il problema sia molto più grande: sono passati solo dieci anni, in fondo. Ma sembra ne siano passati almeno cento.