Si è svolto questa mattina a Terni, come in tante altre città italiane, un sit in dei lavoratori della scuola, a Terni in viale della stazione sotto la sede della Prefettura.
Il mondo della scuola protesta contro un diffuso precariato che mette a rischio la continuità didattica e posti di lavoro stabili “a partire dall’assunzione dei tanti precari, docenti e ATA”.
“Quest’anno – sostengono Cgil, Cisl e Uil – più di 80.000 cattedre di docenti sono state assegnate con contratti a tempo determinato, e più di 20.000 sono i lavoratori non stabilizzati per il personale ATA, i cui organici sono peraltro nettamente al di sotto del fabbisogno delle scuole. Per non parlare poi della situazione sul sostegno, dove addirittura un posto su tre è ricoperto da un precario, per altro privo della relativa specializzazione. Delle cattedre per le quali era già stata prevista e autorizzata la stabilizzazione, solo la metà è stata coperta da contratti a tempo indeterminato, mentre per il sostegno appena il 12%. E invece di assumere si continua con gli incarichi annuali, che non fanno nemmeno maturare l’anzianità contributiva ai precari. Così abbiamo il comparto scuola che è il settore con l’età media più alta dell’intero pubblico impiego, ma che risulta anche quello con l’anzianità contributiva più bassa proprio per l’abnorme impiego di precariato. Così non si può andare avanti. Questi lavoratori vanno stabilizzati”.
“Negli ultimi 20 anni – aggiungono Flc Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola Rua – ogni nuovo governo ha stravolto le regole del settore, senza una visione di lungo periodo e senza rispetto per chi lavora. E anche l’attuale governo non sembra discostarsi da questa brutta tradizione. Per ora, invece di stabilizzare il precariato, come indicato anche dalla direttiva europea 70 del 1999, hanno pensato di cancellare la fase transitoria, il concorso straordinario non è ancora partito, mentre quello che si sta avviando è l’autonomia regionale differenziata della scuola: una misura che rischia di distruggere il sistema nazionale di istruzione, accentuando disuguaglianze e disparità tra aree più ricche e più povere del Paese e che mina la libertà di insegnamento, fondamento della Carta Costituzionale. Se questa è la strada che verrà percorsa è chiaro che quello di oggi è solo un primo appuntamento”.