Sul difficile (ma inevitabile) riequilibrio istituzionale dell’Umbria decideranno i nuovi potenti, quelli che prenderanno il potere con le elezioni anticipate del prossimo autunno-inverno.
Lo ha detto l’assessore Antonio Bartolini commentando il Rapporto sulle riforme, un lavoro durato circa un anno e mezzo, del professor Luciano Vandelli, deceduto , per un caso del destino, proprio oggi.
“Un lavoro – ha detto l’assessore – che ci ha portato su tutto il territorio umbro per incontrare gli amministratori così da conoscere criticità, accogliere suggerimenti o segnalazioni, nella convinzione che riforme di questo tipo non possono cadere dall’alto. Per uno scherzo del destino proprio oggi presentiamo il Rapporto Vandelli e credo che non ci sia modo migliore per ricordare l’insigne studioso”.
“In Umbria il lavoro di riordino istituzionale – ha sottolineato Bartolini – si presenta particolarmente complesso perché la regione da un punto di vista geografico non ha una identità, ma è la sintesi di diverse realtà, è una regione che ha due grandi capoluoghi importanti, solo 5 o 6 città sopra i 40 mila abitanti e poi una miriade di medi e piccoli comuni con un forte senso identitario perché portatori di tradizioni millenarie. A ciò si aggiunge che riforme di questo tipo non possono essere calate dall’alto, ma devono essere condivise con i territori e le comunità e in questo quadro la Regione può avere nella programmazione una funzione di aiuto, fungere da catalizzatore. Nel rapporto sono state raccolte osservazioni ed indicazioni con l’obiettivo di lasciare un quadro completo per i futuri decisori, in Regione, nei Comuni e nelle Province, che si troveranno a muoversi in un quadro normativo e legislativo non ancora definito”.
Secondo il presidente della regione, Fabio Paparelli, “il Rapporto Vandelli rappresenta uno strumento importante perché fotografa una situazione che fino agli anni 2000, con un modello istituzionale basato sul policentrismo, ha dato grandi possibilità di sviluppo e di benessere alla nostra regione, ma che dopo la crisi economica evidenzia una criticità dovuta sia alla crisi e, soprattutto, alla precarietà dei governi italiani che ha impedito riforme stabili. A ciò – ha aggiunto Paparelli – si è associato il pasticcio combinato sulle Province con la mancata approvazione del referendum costituzionale e quindi con la definizione di un percorso che oggi, penso alle riforma fatte in Umbria dalle comunità montane al riassetto conseguente l’abolizione delle Provincie, ha creato una complessità che non è stata risolta. In questa situazione è difficile fare passi avanti se non c’è una riforma strutturale dello Stato in quanto tutte le riforme a livello regionale e degli enti locali sono molto limitate. Questi anni di crisi economica – ha ribadito il presidente Paparelli – uniti al taglio reiterato dei fondi alle Regioni e agli enti locali, impongono di rimettere al centro della nostra attenzione un modello di Regione che sia davvero ‘leggera’, anche dal un punto di vista istituzionale, come pensata attorno agli anni 2000. Una intuizione che deve essere perseguita attorno ad un modello che veda l’Umbria protagonista con due Aree vaste, riequilibrate, che guardino una al nord del Paese ed una verso la Capitale e che siano in grado di tenere insieme quella rete dei Comuni che oggi soffre e che fa sì che l’intera Umbria possa essa stessa essere considerata un’area interna”.