Le elezioni siciliane l’hanno detto chiaro, spiegano quelli “che ci capiscono”: a sinistra o ci si unisce o si muore, nel senso elettoralistico del termine. E allora avanti, alla ricerca di interlocutori, di accordi, di alleanze. Prendiamo un posto a caso in Italia: Terni. A sinistra c’è (o dovrebbe esserci) Il Pd. Poi? Chi altro?. Mdp, ma non si hanno notizie; Sinistra italiana? Vacci a capire tra chi s’avvicina a Mdp, chi sogna Pisapia… E comunque anche da lì non è che si sprechino “boatos”. C’è sempre il duo Bartolini (Mario Andrea) e Talamonti che, tra loro, una coalizione l’hanno già fatta ricordando quando furono portabandiera di gruppi che più a sinistra non si può (dicono loro). Ma, ahimè, insieme supoerano il secolo e mezzo d’età. Dulcis in fundo, si dice che esistano ancora dei socialisti, dell’ex Psi, per capirsi: ma sarà vero?
La fortuna vuole che la coalizione, comunque, a Terni c’è già. E’ il Pd. Perché finora non sembra proprio che sia un partito solo. L’impressione è che ci sia una serie di partitini l’un contro l’altro armato, ognuno con una sua cordata, i suoi leader. Un Pd che a Terni è talmente poliedrico da riuscire ad esempio a fare la maggioranza e l’opposizione nelle sedi elettive; a fare il rivoluzionario in piazza e il governante al palazzo. E’ vero che, quando il Pd nacque, si parlava di partito dinamico, aperto, libero, movimentista ecc, ecc. Ma quel che ne resta sembra un’altra cosa. Molto simile alla Dc delle correnti, ma così come queste furono nei periodi di maggiore tensione interna, quando i capi si scambiavano colpi bassi, stringevano lacci alle caviglie dell’avversario, “incoraggiavano” interventi giudiziari a frenare qualcuno troppo intraprendente. Ma almeno quella Dc quand’era ora sapeva fare di necessità virtù e in un modo o nell’altro le vinceva le elezioni.