Il regista Guglielmo Ferro porta a teatro “Storia di una capinera” il primo romanzo di Giovanni Verga.
Lo spettacolo, che vede in scena gli attori Enrico Guarneri, Nadia De Luca, Rosario Marco Amato, Verdiana Barbagallo, Federica Breci, Alessandra Falci, Elisa Franco, Loredana Marino e Liborio Natali, sarà in scena giovedì 1 febbraio alle ore 21 al teatro Giuseppe Manini di Narni.
“Storia di una capinera” è la passionale narrazione della novizia Maria che il riadattamento di Micaela Miano, per la messinscena di Guglielmo Ferro, ne ricodifica la struttura drammaturgica del romanzo per fare emergere il rigido impianto culturale e umano delle famiglie dell’epoca.
Perché se Maria è vittima, non lo è dell’amore peccaminoso per Nino che fa vacillare la sua vocazione, ma lo è del vero peccatore ‘verghiano’ che è il padre Giuseppe Vizzini che, rimasto vedovo, manda in convento a soli sette anni la primogenita, condannandola all’infelicità. Un uomo che per amore, paura e rispetto delle convenzioni causa a Maria la morte del corpo e dello spirito. È sul drammatico rapporto padre figlia, sui loro dubbi e tormenti che si mette in scena la storia della Capinera.
La stanza del convento è il centro della scena, Maria non esce da quella prigione e il padre Giuseppe ne è il carceriere. Entrambi dolorosamente vittime e carnefici.
Ogni evento che deflagra nella mente di Maria, ogni personaggio altro che scardina il viaggio del noviziato di Maria, sono gli elementi drammaturgici per sviscerare il dramma interiore di un padre che finisce per uccidere la figlia. È il racconto di legami infelici, di dinamiche familiari per noi oggi impossibili da immaginare ma che Verga racconta con l’inesorabilità di una condanna.
Micaela Miano e Guglielmo Ferro, con Progetto teatrando, nel percorso teatrale attraverso i capolavori verghiani approdano all’atto finale, Storia di una Capinera, scegliendo la versione più violenta e disperata della scrittura di Giovanni Verga.
Non c’è redenzione per Maria, non c’è redenzione per il padre Giuseppe e nemmeno per noi. Perché la redenzione non appartiene alla Sicilia di Giovanni Verga.