“I giganti di mont’e Prama: il fascino di un mistero di pietra” è stato il tema trattato dalla professoressa Lucia Maria Tanas, profonda conoscitrice del territorio sardo, nel secondo appuntamento della stagione culturale del Gruppo Archeologico DLF Terni ospitato nella sala del Caffè Letterario della biblioteca comunale.
I Giganti di Mont’e Prama sono sculture nuragiche di altezza varia tra i 2 e i 2,5 metri che, spezzate in numerosi frammenti, sono state trovate casualmente in un campo nel marzo del 1974 in località Mont’e Prama nel Sinis di Cabras, nella Sardegna centro-occidentale. Sono gli unici esempi di statuaria in pietra del periodo nuragico (900-700 a.C.) ritrovati fino ad ora in Sardegna, nonché uno dei più antichi esempi di statuaria nell’ambito del Mediterraneo.
“Tali ‘colossi’ incarnano un glorioso passato, maestosa e ‘viva’ espressione della civiltà forte e duratura di una terra – afferma Maria Cristina Locci responsabile del Gruppo Archeologico DLF Terni – e provengono dall’area archeologica di Mont’e Prama, la più importante necropoli nuragica. Sono stati fatti sistematicamente a pezzi e incendiati nel IX a.C. tanto da cancellare la memoria di quella civiltà ancora indecifrabile. Tuttora rappresentano un enigma che mobilita gli studiosi ed affascina i visitatori, dimostrando ancora una volta come la pietra possa diventare talmente immortale da eternare la memoria.”
In seguito ad un’operazione di restauro eseguita tra il 2007 e il 2011, sono state ricomposte 28 statue che rappresentano pugilatori, arcieri e soldati. Tutte le statue hanno naso e sopracciglia marcati e grandi occhi composti da due cerchi concentrici.
“Gli archeologi hanno potuto ricostruire queste statue grazie alla iconografia dei bronzetti, spiega la professoressa Tanas, quelle statuine alte dai due centimetri e mezzo ai 40 centimetri che sono stati trovati in tantissime parti della Sardegna, ma soprattutto nei luoghi in cui si eseguivano i riti, quindi nei luoghi di culto. Gli artigiani che hanno costruito queste statue sicuramente sono i fenici e di questo gli archeologi sono abbastanza sicuri perché i fenici in Sardegna ci sono andati e ci si sono stabiliti fin dal IX/VIII secolo avanti Cristo, anche se non escludono la mano locale cioè i nuragici abituati alle grandi costruzioni nuraghi.”
I giganti di mont’e Prama mantengono ancora un alone di mistero.
“Sono state eseguite diverse campagne di scavo, evidenzia la professoressa Tanas, sperando di trovare delle testimonianze che potessero farci sapere con sicurezza la loro funzione. Prevale oggi la lettura di questo sito come di una necropoli monumentalizzata, cioè come se queste statue fossero lì a monumentalizzare appunto la necropoli, ma non è detto che sia così. Infatti per alcuni archeologi si tratta di statue che fanno parte di un tempio nuragico, per altri addirittura invece solo con la funzione di telamoni, cioè a sostegno del tetto di un tempio nuragico, per altri invece sono praticamente delle statue posizionate in modo tale da costituire una sorta di monito contro i nemici che avessero voluto andare a depredare il territorio delle sue risorse. Per altri ancora si tratta praticamente di simboli che stanno a testimoniare il valore di alcuni abitanti del territorio che si erano distinti per azioni eroiche a difesa del territorio. Ci sono solo ipotesi insomma perché gli scavi non sono stati ancora completati.”
Nessun dubbio, invece, che si tratti di una scoperta veramente importante.
“Da qualcuno è stata definita come la scoperta che ci può consentire di dare uno sguardo decisamente più completo sulla civiltà nuragica, conclude la professoressa Tanas, ma anche sulla civiltà dell’intero Mediterraneo occidentale. In tutto questo discorso, infatti, rientrano i fenici, gli egiziani e i greci. Queste statue sono molto più antiche di quelle greche e meno antiche di quelle egiziane e comunque portano le tracce della tradizione della grande statuaria orientale neoittita ed aramaica.”
L’auspicio, quindi, è che gli scavi riprendano quanto prima per scoprire quanto ancora la terra tiene nascosto e per ricostruire la storia della necropoli, della formazione del complesso scultoreo nonché della sua distruzione.