“M’illumino d’immenso. Rinnovare l’amore per la vita e per l’arte con Ungaretti“ è stato il tema dell’incontro organizzato dal Gruppo Archeologico DLF Terni con il Professor Fausto Dominici.
“Quando Giuseppe Ungaretti scrive la poesia ‘Mattina’ «M’illumino / d’immenso» il testo risulta volutamente vago, spiega il Professor Dominici, ma le indicazioni di tempo e di luogo si trovano prima del testo, 26 gennaio 1917 Santa Maria la Longa, è il terzo anno di trincea per Ungaretti. Rimanda ad un’esperienza precisa vissuta dal poeta. Originariamente si chiamava ‘Cielo e mare’ perché cielo, mare e deserto nella poesia ungarettiana ci restituiscono l’idea della vastità, dell’infinito-indefinito. I due versi sono trisillabici, frutto di un gesto veramente rivoluzionario: è un settenario che Ungaretti spezza in due. Illumino e immenso cominciano e finiscono con la stessa vocale e c’è la vibrazione del suono m che non può non rimandare al primo suono emesso dai bambini, mamma. Poi c’è l’elisione iniziale – m apostrofo e d apostrofo – che allungano ulteriormente questi due termini. Questa è una poesia fondamentale nel percorso di Ungaretti: percepisce una sensazione visiva, la sensazione della luce e la declina insieme ad un’altra sensazione, creando una straordinaria sinestesia, alla sensazione del pensiero, un pensiero di vastità, di infinito. Allora la prima percezione apre sulla seconda e la seconda apre alla dimensione interiore a cui si accede attraverso l’esperienza sensoriale. Un’esperienza che poi origina una consapevolezza che non deriva da un procedimento logico. Improvvisamente Ungaretti si trova difronte allo spettacolo della vita che risorge dopo l’oscurità notturna, quell’oscurità che la guerra acuisce e si attiva questa consonanza intima e profonda che ci lascia con queste immagini talmente concentrate da risultare indefinibili. Arriva la luce e questo procura un effetto destabilizzante a cui consegue una sensazione di pienezza che nasce da questa ritrovata, imprevista e imprevedibile, sintonia tra la sua interiorità e il mondo intorno. Una sensazione che ha un valore assoluto perché la parola è per Ungaretti un valore assoluto. È in questo momento che il poeta scopre una tensione che poi lo accompagnerà per tutta la vita. Ungaretti cerca la forma poetica essenziale.”
La poetica di Ungaretti, in cui il verso e la parola vengono scavati e ridotti all’osso, trova in ‘Mattina’ la sua massima espressione: in soli due versi e quattro parole l’autore riesce a condensare gran parte delle tematiche a lui care e a mettere in corrispondenza il finito, l’uomo, con l’infinito, l’assoluto.