“L’incredibile ripetersi del fenomeno gravemente inquinante delle ‘polveri di Prisciano’, che in realtà si riversano da decenni sull’intera Conca ternana senza concrete azioni dalle autorità di controllo, ben rappresenta la condizione di privilegio gestionale, funzionale ed economico assentito ad alcune multinazionali.
Prima l’acciaio di Stato con l’IRI, poi vennero i tedeschi e, infine, Arvedi: quel che non cambia mai sono i numeri della contaminazione metallica nell’aria, nei suoli, nelle falde acquifere, nei fiumi”.
A scriverlo in una nota è Italia Nostra, sezione dell’Umbria, con il presidente Marco Sansoni.
“Sono già trascorsi dieci anni da quando il compianto giudice Maurizio Santoloci rifiutò l’archiviazione per la vicenda ‘polveri’, ipotizzando piuttosto un disastro ambientale sotto gli occhi di tutti.
Ma davvero non bastano utili per decine e centinaia di milioni all’anno per installare impianti volti a confinare gli effetti di certe attività, salvaguardando lavoratori e residenti?
Non bastano milioni per avere una depurazione adeguata, senza ammorbare il Nera?
Non basta un simile lucro per avere una discarica rispettosa dell’ambiente e delle falde acquifere?
Chiediamo ufficialmente alla Magistratura – scrive Italia Nostra – di fare la propria parte non solo sulla scorta delle nuove rigorose normative vigenti, ma anche sulla base del lavoro -tanto esemplare quanto inascoltato nella sua stessa Terni- di quel giudice Maurizio Santoloci che, sull’inquinamento siderurgico locale, scrisse queste parole “nel caso in specie non si può ignorare e negare che un fenomeno di inquinamento ambientale palese ed evidente e fotograficamente più volte documentato dai cittadini in tutta l’area interessata, possa liquidarsi con una multa, come se si trattasse di banale questione condominiale“.