Voleva vendere una statuetta in bronzo di epoca etrusca raffigurante un “Guerriero con elmo” ed ha pubblicato un annuncio sulla pagina di una delle più comuni piattaforme di commercio on-line. Probabilmente non sapeva che i Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Perugia tengono costantemente sotto controllo le piattaforme di commercio on-line e grazie al monitoraggio di queste “piazze virtuali” è stato subito individuato e denunciato. Si tratta di un cinquantenne incensurato originario e residente nel ternano.
Gli investigatori, analizzando i numerosi annunci, si sono imbattuti nell’inserzione che indicava una “Statuina in bronzo originale etrusca” corredata di alcune immagini del manufatto che, per tipologia, materiale e fattezza poteva essere riconducibile ad un rinvenimento effettuato sul territorio. Reperti votivi di analoga caratteristica figurativa, infatti, sono presenti nelle più importanti collezioni museali locali. In territori come quello dell’Umbria, caratterizzati dalla presenze di vaste aree di interesse archeologico, è molto probabile rinvenire oggetti rimasti per anni sepolti e occasionalmente tornati alla luce, ovvero ritrovati e recuperati illegalmente nel corso di ricerche non autorizzate compiute con l’utilizzo di metal detector. Gli approfondimenti successivi, compiuti avvalendosi della competenza dei funzionari della Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio dell’Umbria e della collaborazione dell’Arma Territoriale, hanno consentito di ottenere la conferma dell’autenticità del reperto nonché riscontrarne l’illecita detenzione. Così, attraverso il nickname è stato individuato il venditore ed i militari, con il coordinamento dalla Procura della Repubblica di Terni, hanno perquisitola sua abitazione sequestrando il manufatto. Il ternano è ora chiamato a rispondere del reato di ricettazione in relazione all’impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, non tanto per il valore dell’oggetto trovato in suo possesso quantificato in qualche centinaia di euro, spiegano gli investigatori, quanto per l’aver posto in commercio un bene culturale costituente, per sua natura, patrimonio indisponibile di proprietà dello Stato.