Aumento della povertà assoluta e di occupati che chiedono aiuto alle Caritas diocesane. La povertà ha sempre più natura strutturale e si caratterizzi da tempo per una elevata quota di famiglie in stato di povertà assoluta. È quanto emerge dal quinto Rapporto sulle povertà redatto dalla Caritas dell’Umbria, Conferenza Episcopale Umbra e Regione Umbria, presentato sala conferenze del Museo Diocesano di Terni.
In totale i richiedenti aiuto nei Centri di Ascolto Caritas delle 8 diocesi umbre nel 2020 sono stati 3.516, di cui 1.868 donne e 1648 uomini. Gli stranieri aiutati sono stati 1831. 782 nuove persone richiedenti aiuto a causa dagli effetti del Covid 19, con una forte presenza di italiani.
Il rapporto mostra come stia cambiando la composizione dei poveri con la presenza di disoccupati (669), ma anche quella degli occupati (585), che dunque rappresentano “lavoratori poveri” quando un lavoro non adeguatamente retribuito può non preservare dalla povertà.
Su un totale di 7830 richieste di aiuto, l’incidenza più elevata riguarda i bisogni strettamente collegati ad una condizione di povertà, quali i sussidi economici o altre tipologie di beni o servizi (35,9%), seguiti dalla richiesta di occupazione (29,1%), dai bisogni legati alla famiglia (8,7%), alla casa (8,2%), all’immigrazione (5,5%), alla salute (4,6%).
Tra i problemi quelli legati al pagamento di un affitto riguardano 1.771 assistiti, la presenza di figli minori conviventi 984 richiedenti.
La Caritas ha accresciuto in misura rilevante il volume degli interventi ed anche la loro articolazione, introducendo innovazioni nelle modalità erogative. Ma è necessario lavorare in rete.
“È necessaria una presa di coscienza ulteriore – ha detto Monsignor Renato Boccardo Arcivescovo di Spoleto-Norcia, Presidente della Conferenza Episcopale Umbra e Delegato per il servizio della carità – da parte di tutte quelle agenzie che sono deputate all’accompagnamento e al sostegno della vita della società”
“Anche la chiesa dovrà lavorare – ha aggiunto il Professor Marcello Rinaldi delegato regionale della Caritas – non solo per i centri di ascolto, ma anche per favorire gli inserimenti lavorativi e l’emersione del lavoro in nero”.
Per il vescovo Giuseppe Piemontese la preoccupazione è soprattutto per i giovani che abbandonano il territorio per trasferirsi altrove.
“Questa situazione non promette bene per il futuro della città e del territorio, ha detto, abbiamo sollecitato con molta decisione, soprattutto in occasione dei 40 anni della visita di San Giovanni Paolo II a Terni, una riflessione sulla realtà del lavoro, dei giovani e del piano di ripresa e resilienza riferito soprattutto al nostro territori, parlando appunto di un progetto per Terni, Narni e Amelia. Ci auguriamo che i fondi che lo Stato stanzierà per la ripresa possano essere utilizzati soprattutto per venire incontro a una ripresa del lavoro dei giovani e di tutta la realtà territoriale.